Avevamo lasciato il nostro genio nel paese delle meraviglie di Alice in Wondeland, e ora il più grande regista di tutti i tempi ci presenta il suo capolavoro: “Dark Shadows”. Era da tanto tempo che aspettavamo che Burton sfornasse il suo film migliore dopo Edward Mani di Forbice, girato moltissimi anni fa, una pellicola nella quale fossero presenti numerosissime citazioni del suo splendido cinema, con una storia nel suo atile, gotico con delle riflessioni, il cui messaggio principale è, come sempre, l’accettare il diverso, cosa che noi umani non siamo soliti a fare, e per Tim Burton i veri mostri siamo e saremo sempre noi, esseri che non riesciumo ad accettare il “diverso”, credendolo inferiore a noi e in-umano, che invece egli potrebbe regalare più buoni sentimenti delle persone così dette “normali”. Ma in questo film c’è di più: si parla di famiglia, dell’importanza che ha nella nostra vita, la famiglia intesa come luogo nella quale tutti noi ci dovremmo sentire amati, e in più in questo film c’è molto amore. Per incarnare tutto ciò il regista di Burbank ha trasformato la sua serie tv preferita (nella quale sono presenti streghe, fantasmi, lupi mannari e vampiri) in uno splendido film, veramente eccezzionale. Come in ogni sua pellicola, curata ne cura perfettamente tutto nei minimi dettagli: ogni inquadratura, ogni costume, ogni scenografia, tutto, e ha riunito tutti i suoi attori preferiti: la sua nemesi, ma perfetta per incarnare l’essere burtoniano e la sua poetica, supportato da tre splendide attrici, che ci hanno regalato tre splendide prove d’attrici: Michelle Pfeiffer, che dopo la stressata Ingrid di Capodanno a New York interpreta qui una donna tostissima, che porta avanti l’economia della famiglia allo sfascio, Helena Bonham Carter nelle vesti della psichiatra alcolizzata Julia Hoffman, il cui desiderio più grande è l’eterna giovinezza, e Eva Green (la mia attrice preferita) sulla quale per questa interpretazione non basterebbero neanche mille parole, che dire ci ha regalato una performance degna delle più grandi attrici della storia del cinema, un personaggio travagliato, ossessionato dall’idea di possedere il suo amore, e dopo il suo rifuito, la strega Angelique distruggerà tutto ciò che ama (i genitori, la sua rivale, l’amato stesso e l’intera famiglia) compreso lui stesso, tramutandolo in un mostro. Burton ha sfornato un vero e proprio capolavoro, non solo del suo cinema, ma della storia del cinema, alla pari dei film più belli di tutta la cinematografia mondiale.
Ah quasi dimenticavo, la trama! Nel diciannovesimo secolo da Liverpool, in una fredda e tetra notte salpa la famiglia Collins (padre, madre, e il figlioletto Barnabas) per migrare nel Manie, con l’obbiettivo di costruire un’azienda ittica, facendo nascere una nuova cittadina: Collinsport, costrutia proprio dai nobili Collins. Il figlio però Barnabas è un ricco playboy e spezza il cuore però alla dama sbagliata, la sua serva, dedita ad atti di stregoneria Angelique Bouchard che come ho già anticipato distrugge tutti i suoi affetti, seppellendo vivo quest’ultimo e tramutandolo in vampiro. Quasi duecento anni dopo la tomba viene accidentalmente aperta e il “mostro” liberato, e dopo aver placato la sua sete di sangue tornaerà al suo maniero Collinswood, dove veràà a sapere che la famiglia Collins è in crisi sia affettia che economica,e Barnabas cercherà di riportare al vecchio prestigio la famiglia Collins, scoprendo i segreti di ogni singolo componente della famiglia, con i quali instaurerà degli ottimi, ma in alcuni casi apparenti, rapporti, e decide di difenderli dalla furia scatenata di Angelique colma di rancore a ancora assetata di vendetta, causa delle sventure dei Collins.
Calibrando bene più generi in una sola pellicola (commedia, horro, fantasy, drammatico, thriller) Burton presenta una magistrale lezione di cinema.