Dheepan: la recensione di Marita Toniolo
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Dheepan: la recensione di Marita Toniolo

Dheepan: la recensione di Marita Toniolo

Sri Lanka. I cadaveri della guerra civile vengono bruciati sotto gli occhi di un soldato dell’esercito delle Tigri Tamil di nome Dheepan. Ha la gamba ferita, i ricordi della moglie e della figlia morte che gli rimbombano nella testa e lo spingono a partire, a lasciare quel paese dove ha sotterrato sin troppi affetti. In una scena vorticosa, l’uomo e una giovane donna recuperano una bambina di nove anni e scappano, prendendo l’identità di una famiglia morta e salendo su un barcone della speranza. La finta famiglia giunge a Parigi, dove Dheepan si improvvisa venditore ambulante. Vengono messe in scena dal regista tutte le difficoltà del processo d’integrazione: la burocrazia, i lavori scadenti, lo squallido edificio delle banlieue – non dissimile dalle Vele di Scampia –, dove i nostri vivranno e che si rivela una piazza di spaccio.

Dei tre Dheepan è il più determinato a integrarsi, mentre la pseudo-moglie Yalini vuole trasferirsi in Inghilterra da una cugina e la bambina, Illayaal, ha le sue belle difficoltà a farsi accettare dai coetanei della periferia. Gli sforzi dei tre, però, sono premiati e il destino sembra arridere loro: l’uomo si prodiga in ogni modo nei confronti degli inquilini come custode factotum, la donna fa da badante a un vecchio disabile la cui casa è la base di una banda il cui capo la prende in simpatia, mentre la ragazzina impara presto il francese.

Tutto sembrerebbe assecondare i piani di Dheepan, ma all’improvviso scoppia la guerra tra gang, che fa ripiombare immediatamente i protagonisti nel passato lasciatosi alle spalle. Alle mitragliate della guerra civile si sostituiscono le sparatorie tra spacciatori e cadaveri abbandonati in cortile, facendo nuovamente annusare l’odore della morte ai tre profughi. Che prima cadono, poi si rialzano e quindi si adattano alle regole dell’ambiente. Come nei precedenti film di Jacques Audiard, vedi il Profeta, in cui Malik da vittima e galoppino si trasformava in boss, anche i nostri lotteranno per sovravvivere nel nuovo scenario. E allo stesso modo che in Un sapore di ruggine e ossa, individui apparentemente estranei tra loro – quasi opposti – impareranno a proteggersi a vicenda, finendo per diventare una vera famiglia. È attraverso questa svolta che Audiard dà vita a uno dei suoi film più emozionanti, mettendo in scena la fatica dei sentimenti all’interno di una relazione fittizia e nata per necessità, che – messa a dura prova – diventa più vera di quelle vere.

Maestro del sentimentalismo estremo ma mai melenso, il regista continua l’esplorazione di mondi difficili, all’interno del quale deflagra l’amore, come se la passione non potesse essere separata dal crimine e dalla violenza. Vedi la scena clou in cui Dheepan, armato di machete e cacciavite ritorna a combattere.

Meno trascinante del Profeta ricco di momenti emozionanti, Dheepan è un bell’esempio di world cinema, che ha convinto la giuria di Cannes 2015 ad assegnargli la Palma d’Oro per la carica emotiva, la contemporaneità e la naturalezza della recitazione dei suoi interpreti. Specie del protagonista (Antonythasan Jesuthasan), che dai 16 ai 19 anni ha prestato davvero servizio per la milizia delle Tigri Tamil, decidendo poi di scappare in Francia, dove è diventato scrittore.

Mi piace: la progressiva costruzione di un sentimento famigliare attraverso slanci improvvisi e marce indietro. La macchina da presa che segue da vicino i personaggi, ma senza indurre nella spettacolarizzazione dei momenti più crudi e realistici.

Non mi piace: alcune ellissi della narrazione.

Consigliato a chi: vuole capire meglio, anzi vivere in prima persona le emozioni dei profughi di guerra e le loro difficoltà di ambientamento.

VOTO: 4/5

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