Disconnect: la recensione di Stefano Pariani
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Disconnect: la recensione di Stefano Pariani

Disconnect: la recensione di Stefano Pariani

Periferia di New York: tre storie di gente comune in un giorno qualsiasi. La giornalista di una rete locale conosce un giovane modello in una video chat per adulti e lo convince a farsi intervistare per portare a galla le storie di ragazzi che come lui vengono sfruttati sui siti pornografici. Due bulletti si prendono gioco di un loro coetaneo timido e solitario creando su facebook il falso profilo di una ragazza che lo contatta ed instaura con lui un dialogo che si fa sempre più intimo. Infine una giovane coppia in crisi in seguito alla morte del figlio: lui spende forti somme giocando online, lei invece si confida in chat con uno sconosciuto che ha vissuto la stessa esperienza. Conflitti, tensioni e risvolti drammatici sono dietro l’angolo di ognuna delle tre storie, pronti a scardinare i precari equilibri di individui vicini eppure distanti tra di loro, chiusi in una bolla di incomunicabilità. Solo l’umana comprensione, il dialogo e il perdono potranno forse aiutarli a gurdarsi di nuovo negli occhi.
“Disconnect” è uno specchio dei nostri giorni, in cui ormai nessuno riesce più a fare a meno di connettersi alla rete da un computer, un cellulare o un tablet, totalmente assorbito da una realtà sempre meno virtuale e dai risvolti concreti. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2012, il film mostra senza moralismi il ritratto di un’umanità fragile e sola, che vive nascondendosi dietro il filtro di una chat o di un social network. Con un cast ispirato di attori e osservando da vicino la realtà come dato di fatto e senza giudizi, Henry Alex Rubin, esordiente nel lungometraggio, realizza un film indipendente e impegnato da vedere e meditare perché ci guarda da vicino e lascia lo spettatore con un retrogusto amaro in bocca.

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