Divergent: la recensione di Andrea Facchin
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Divergent: la recensione di Andrea Facchin

Divergent: la recensione di Andrea Facchin

Il panorama young adult è uno dei contesti più in espansione del cinema moderno. Inaugurato da Harry Potter, con la Twilight Saga a farne da propulsore definitivo, il genere, che pesca a piene mani dalla letteratura, è diventato un fenomeno di massa da non sottovalutare. Nell’ultimo anno e mezzo il grande schermo è stato affollato da una serie di film a base di streghe, demoni, giustizieri, angeli e, cosa fondamentale, una grande storia d’amore di fondo, ma c’è stato un solo titolo capace di fare breccia nel cuore dei fan: Hunger Games. La saga con Jennifer Lawrence ha convinto tutti, critica compresa, perché capace di coniugare le tematiche classiche del filone d’appartenenza, con toni più maturi e un cast di primissimo livello. Lo scettro detenuto da Edward e Bella è passato (giustamente) nelle mani di Katniss & Co., ma ora c’è chi è pronto a insidiare il trono del franchise tratto dai romanzi di Suzanne Collins: si tratta di Divergent, primo capitolo di una nuova trilogia basata sui best-seller di Veronica Roth.

Divergent e Hunger Games sono stati spesso avvicinati, e in effetti tra i due si possono identificare diversi punti di contatto: entrambe le storie esplorano un futuro distopico, in cui la società è divisa in distretti da una parte e in fazioni dall’altra. Alla Panem di Suzanne Collins, la Roth contrappone una Chicago ipertecnologica, che ancora sta pagando le conseguenze di una misteriosa guerra. I suoi abitanti sono classificati secondo la loro personalità: ci sono gli Eruditi, votati alla scienza e alla conoscenza; i Candidi, il cui unico credo è la verità; i Pacifici, che ripudiano qualsiasi forma di violenza; gli Intrepidi, ossia gli spericolati, che difendono la città; e infine gli Abneganti, cioè gli altruisti, che proprio per la loro dedizione verso il prossimo svolgono mansioni governative. Le protagoniste, inoltre, sono due figure femminili che diventano eroine più per necessità che per scelta, ergendosi a simbolo della lotta contro il potere dominante. Di Katniss, Tris (Shailene Woodley) ha la stessa spontaneità e coraggio, con quel briciolo di innocenza in più a distinguerla.

Ma le similitudini finiscono qui. La storia di Divergent è permeata da atmosfere molto più adolescenziali (l’autrice dei romanzi è di classe ’88), che si addentrano in tutte quelle problematiche tipiche di questa fascia d’età, una su tutte la ricerca costante di se stessi, figlia del disagio di sentirsi sempre fuori posto. È questo il cuore della storia, che, tradotta sul grande schermo da Neil Burger (Limitless), si rivela troppo lineare, senza situazioni spiazzanti, mancanza che inevitabilmente le toglie ritmo. Eppure lo spunto narrativo di base è interessante: al centro c’è una società in cui tutto è rigidamente controllato, e ogni adolescente a 16 anni deve scegliere da che parte stare, aiutato da un test attitudinale che ne determina la classe d’appartenenza. Il diverso viene escluso, o peggio eliminato, secondo una consuetudine che è specchio di questi tempi pieni di pregiudizi e ostracismo. Tris è una divergente, una persona cioè inclassificabile, quindi imprevedibile e pericolosa, a cui dare la caccia. Ma la sua più grande forza sta nel coraggio di abbracciare la propria diversità, trasformandola in una preziosa risorsa di sopravvivenza. Il percorso che compie come novella “intrepida” (è questo il “girone dantesco” che abbraccia durante la grande Cerimonia della Scelta) è metafora di una rinascita, fisica e morale, che le permetterà di trovare anche l’amore in Quattro (Theo James), carismatico leader degli Intrepidi, dotato di un lato teneramente vulnerabile. I due si scoprono strada facendo, e la componente romance regge la parte centrale del film, portando a un terzo atto più action, con sequenze dinamiche quanto basta per movimentare un po’ di più il tutto.

Il risultato è un teen sci-fi che ha sfiorato i 60 milioni di dollari in America all’esordio, strizza l’occhio a capolavori del genere (ci sono persino test simulativi in stile Matrix) e allo stesso tempo è fedele ai codici del filone young adult. Siamo ancora lontani da Hunger Games, ma il futuro promette bene.

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Mi piace
L’alchimia tra i due protagonisti è palpabile, la Chicago distopica del futuro è costruita con cura, e Kate Winslet è un villain di ghiaccio.

Non mi piace
Il film è eccessivamente piatto, senza presenta particolari colpi di scena.

Consigliato a chi
Cerca un’alternativa alla saga di Hunger Games e crede nella diversità e nel cambiamento.

Voto: 3/5

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