In un futuro distopico, la popolazione umana ha la possibilità di rimpicciolirsi e vivere in modo non solo da salvaguardare il futuro del pianeta, ma anche di aumentare sensibilmente il proprio stile di vita. Paul e Audrey Safranek sono una coppia in grave crisi economica che si faranno convincere da una coppia già ridimensionata, a “passare dall’altra parte”.
Lo spunto invita verso un cinema relax, di quelli che solleticano la fantasia dell’uomo quando si tratta di teorie inverosimili su un futuro impossibile. Contando poi la presenza di attori come Matt Damon, Christoph Waltz, Jason Sudeikis e Kristen Wigg, ci si aspetta quanto meno un prodotto di un certo livello artistico. Eppure…
Downsizing è un film che quando smette di essere piatto riesce in qualche masochistico modo a diventare terribilmente assurdo e noioso. La mancanza di una vera identità sfocia in una confusione generale ai limiti dell’incredibile, facendo naufragare la pellicola in un cocktail di generi cinematografici che più incompatibili è difficile immaginarli.
Stiamo pur sempre parlando di un regista due volte premio Oscar come sceneggiatore. Nonostante ciò, Alexander Payne sembra dirigere come un debuttante frenetico, uno che ha un’idea in testa ma che perde presto la strada per la troppa fantasia. Non c’è un senso nella storia di Downsizing, o meglio, ci sono spunti ma che non vengono mai colti; peggio ancora, approfondisce e deraglia su argomentazioni clamorose senza grande convinzione.
Nasce come una commedia di fantascienza e finisce in un dramma catastrofico, travagliato pure da una delle storie d’amore più brutte mai viste su grande schermo. Matt Damon è Paul, il protagonista che come uno straccio vecchio viene scaraventato da una parte all’altra di questa fantomatica storia.
Nei panni di un personaggio impalpabile e mai a suo agio nella sceneggiatura, è vittima del limbo in cui il film sprofonda dopo essersi presentato con una prima parte ancora sensata, prima di stravolgere le carte in tavola e disperdersi malamente nella noia più totale.
Caos. Se da una parte spunta un Christoph Waltz per una volta addirittura insopportabile, dall’altra Kristen Wigg sparisce dalla scena con molto rumore per nulla; senza contare che il minutaggio di Jason Sudeikis è forse maggiore nel trailer che in tutta la pellicola. Il gran botto arriva poi con l’entrata in scena di Hong Chau, l’unico personaggio che vorresti sparisse subito ma che invece resta, eccome. Probabilmente un giudizio influenzato, soprattutto, da una pessima interpretazione in fase di doppiaggio e che rende la sua dissidente vietnamita il personaggio meno riuscito dell’intero film.
Tralasciando stacchi di regia discutibili e dialoghi che oscillano tra il brutto e l’imbarazzante, quello che affossa completamente Downsizing è la mancanza di ritmo, che, ripeto ancora una volta, è indubbiamente contagiato dalla poca chiarezza di Payne in fase di scrittura, e che rende le oltre due ore di visione davvero estenuanti.
Bocciato su tutta la linea.