Drive. Strepitoso.
Nicolas Winding Refn dirige un noir con una storia classica, rendendola un’esperienza emotiva unica nel suo genere. Grazie anche al suo “pilota”, Driver, stuntman di giorno e autista nelle rapine di notte. Che si innamora di una donna sposata con un ex-galeotto a cui darà una mano per saldare il debito con alcuni aguzzini. Ma qualcosa va storto…
La trama può sembrare semplice e già vista (e lo è), ma è come Refn riesce a raccontarla ciò che da nuovo respiro ad una storia che altrimenti sarebbe stata scontata e poco piacevole.
La novità sta appunto nel genere del film, che non è tanto l’action, ma più il noir. I dialoghi sono ridotti all’osso, ma non sono importanti le parole, quanto il gioco di sguardi, luci e dettagli che creano la giusta alchimia tra Driver e Irene, una dolce storia d’amore che mai si sbilancia in particolari effusioni che poco rientrerebbero nell’atmosfera della pellicola. Anche se il personaggio del Driver prova sentimenti così puri e innocenti, non è un personaggio positivo, ma anzi, un antieroe (per il quale comunque finisci per parteggiare), che rappresenta le emozioni estremizzate, anche se non sembra nemmeno provarne: brilla di luce a contatto con Irene, e diventa un folle omicida pur di proteggerla. E Ryan Gosling ne è l’immenso interprete, essendo in grado di sembrare freddo e distaccato e di riversare tutta la rabbia in una singola scena che è capace di riassumere l’intero film. (L’ascensore
Ma il vero protagonista è il danese Refn, che con una regia (e fotografia) eccelsa porta ad un livello superiore il suo Drive, regalandoci una storia sul binomio amore-morte, trascinandoci nella dolcezza dell’uno, e nella progressiva spirale di violenza e crudeltà dell’altro.
E facendo divenire Drive non solo una semplice visione, ma una vera esperienza emotiva irripetibile.