Educazione siberiana: la recensione di Marita Toniolo
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Educazione siberiana: la recensione di Marita Toniolo

Educazione siberiana: la recensione di Marita Toniolo

C’era una volta in Transistria. Si muove all’interno della mitologia classica dei gangster movie Gabriele Salvatores per il suo quindicesimo film da regista. Echi di Leone e del Padrino di Coppola popolano questo film dal gusto profondamente“esotico”, in cui si narra un decennio di vita (a cavallo tra gli ’80 e i ’90) di una comunità criminale siberiana (gli Urca) deportata da Stalin nel Sud della Russia, ai confini con la Moldavia. A partire dall’omonimo libro autobiografico di Nicolai Lilin (leggi la nostra intervista esclusiva), il film romanza l’educazione malavitosa impartita sin da ragazzini a Kolyma e Gagarin, aspiranti “criminali onesti” siberiani. Una profonda religiosità mescolata a folklore, i riti di passaggio che trovano nei tatuaggi a mano la loro rappresentazione tangibile, la devozione per gli anziani (il nonno Kuzya/John Malkovich, eccellente) e i disabili (come la giovane ritardata Xenya), sono i cardini di un codice d’onore che non lascia spazio a droga e personalismi, ma considera lecita qualsiasi brutalità nei confronti di Stato, burocrati, e polizia. Salvatores, pur non osando scostarsi dai binari codificati del crime e delle sue leggi drammaturgiche, coadiuvato dai soliti Rulli e Petraglia che già hanno avuto successo nella romanticizzazione della “mala” con Romanzo criminale, mostra di saper padroneggiare un cinema di ampio respiro e un ottimo cast internazionale che parla inglese, rinconfermando il desiderio così raro tra gli italiani di confrontarsi con generi sempre nuovi (il suo Nirvana resta uno dei pochissimi casi di sci-fi italiani).

Dove il film davvero vince è nella creazione da zero di un mondo sconosciuto e affascinante, (anche se appesantito da metafore e simbolismi enfatici) che dopo la caduta del Muro non esiste più, crollato sotto le spinte della Storia e della globalizzazione. Un mondo fatto di oggetti e immagini potentissime (le picche, le armi da fuoco, i tatuaggi, le icone) che rapiscono lo sguardo e fanno galoppare l’immaginazione. Un mondo di relazioni improntate all’autenticità e al sentimento che dietro di sé hanno lasciato fortissima nostalgia.
Peccato che nel tratteggiarlo ci si sia fatti prendere troppo la mano dagli illustri modelli e dal desiderio di creare un’epopea leggendaria e quasi mistica, perdendo la misura sugli eccessi di retorica della scrittura.

Leggi la trama e guarda il trailer

Mi piace: l’evocazione di un mondo affascinante e misterioso fatto di immagini e simboli potentissimi. La prova di John Malkovich.

Non mi piace: gli eccessi di retorica della sceneggiatura.

Consigliato a chi: a chi è affascinato dai crime movie e da un paese misterioso come la Siberia

VOTO: 4/5

 

 

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