VOTO: 9,2/10
Kolyma è un giovane ragazzo siberiano, che fin dalla più tenera età ha stretto un legame fraterno con Gagarin. Insieme vengono educati secondo la tradizione siberiana, che li farà crescere come “criminali onesti”, rispettosi dei più deboli e nemici giurati di usurai e polizia. Durante una marachella ai danni di una pattuglia dell’esercito russo Gagarin viene catturato e spedito in carcere. Intanto passano sette anni, e Kolyma è diventato un giovane criminale rispettoso dei princìpi con cui è stato cresciuto, e ha messo su una piccola banda con gli amici Mel e Vitalic. Un giorno mentre sono alla stazione incontrano per caso Gagarin, amico perduto da troppo tempo. La galera però lo ha cambiato, rendendolo incapace di amare e dedito solo alla violenza. Questo genererà un conflitto tra i due amici, uno scontro ideologico basato sull’onore e sul rispetto.
Diretto nel 2013 da Gabriele Salvatores, il film è l’adattamento dell’omonimo romanzo di Nicolai Lilin.
Salvatores è sempre stato dedito allo sperimentalismo cinematografico, basti pensare a Mediterraneo e Nirvana, e stavolta si lancia a capofitto in un film drammatico che, a mio parere, batte tutte le sue precedenti pellicole.
Personalmente ho letto tutta la Trilogia Siberiana di Lilin e Educazione Siberiana (il primo volume) risulta essere il più difficile da leggere, poiché è più un manuale che una storia vera, una sorta di vademecum per diventare “criminali onesti”. Salvatores ha deciso quindi di stravolgere completamente la trama per adattarla al grande schermo, impresa in cui è riuscito. Molte cose differiscono tra il libro e la sua controparte cinematografica: per esempio il rapporto tra Kolyma e Gagarin non era così profondo; la Xenya del film (una ragazza con problemi mentali innamorata di Kolyma), nel libro si chiama Kjusa, un vezzeggiativo di Xenya. Ci sono poi altre differenze ma non ve le dirò qui onde evitare spoiler.
Altre cose poi vanno apprezzate di questo film, come l’ottima scenografia e la fotografia. Delle scenografie si è occupata Rita Rabassini, attuale moglie dello stesso Salvatores, che ha saputo individuare le giuste location per ogni situazione, una qualità che si sposa alla perfezione con la direzione fotografica di Italo Petriccione, che ha saputo dare luce all’allegria e tenebra alla rabbia.
I due giovani protagonisti della vicenda, Kolyma e Gagarin sono interpretati da due new entry del panorama cinematografico mondiale: Arnas Fedaravicius e Vilius Tumalavicius. Entrambi, malgrado fossero alla loro prima prova recitativa, sono riusciti a cavarsela; c’è chi ha definito le loro interpretazioni smorte e passabili, mentre invece sono riusciti alla perfezione a dare corpo ai personaggi. Basti guardare la natura timida di Kolyma, o l’impeto irruento di Gagarin, tutte cose che settorializzano in un certo senso un personaggio, ma che in questo caso invece riflettono alla perfezione lo stile di vita a cui questi ragazzi erano sottoposti: rigide regole, l’onore al primo posto, tutte cose che in fondo ti rendono un militare ligio.
Ci sono altri attori che invece non erano alle loro prime armi, come il grande John Malkovich, qui nel ruolo di nonno Kuzja, che funge anche da guida spirituale nei confronti del piccolo Kolyma, diventando per lui un esempio di vita. Peter Stormare, che qui interpreta Ink, il mastro tatuatore dei “criminali onesti” (il suo nome è un chiaro riferimento al suo mestiere). E ultima ma non per importanza Eleanor Tomlinson, la bella Xenya ingenuamente innamorata di Kolyma.
Un grande cast, sia davanti che dietro la macchina da presa, che costruiscono un grande film.
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