Cos’è la felicità? La fama, i flash delle macchine fotografiche sempre puntati addosso, le feste in discoteca? O piuttosto una moglie deliziosa, una figlia sorridente, la semplicità della vita di paese, la musica con gli amici? Se avete familiarità con Leonardo Pieraccioni conoscete già la risposta: nella vita non contano gli eccessi, né l’effimera luce dei riflettori, svelta a dimenticare e illuminare qualcun altro al primo refolo di vento. È da quando il primo ciclone ha attraversato la sua vita che il regista toscano insegue la normalità, quasi a voler esorcizzare – con commedie leggere e provinciali nel senso migliore del termine – rischi e paure della vita nello star system. Oggi, a sedici anni da I laureati e dopo un paio di maldestre escursioni al di fuori del suo solito cinema, Pieraccioni torna a raccontare le gioie della tranquillità paesana con Finalmente la felicità.
Felicità, ma forse sarebbe meglio dire serenità. Perché la storia di Benedetto (Pieraccioni), insegnante di musica di Lucca con la passione per la filosofia di Fourier, è soprattutto la storia della ricerca di una stabilità che errori e contingenze hanno fatto crollare. C’è un quasi-matrimonio fallito (per colpa di Google Earth, e non diremo altro) sulla coscienza di Benedetto, c’è la sua improvvisata scuola di musica che non decolla perché nessuno crede nelle sue idee, c’è una madre da poco mancata e un amico squinternato e «allergico al Sole» (Rocco Papaleo) come unico conforto in un periodo poco felice. E poi, a mescolare ulteriormente le carte, c’è la scoperta di una sorella adottiva, Luna (Ariadna Romero), modella brasiliana di una bellezza stordente, che piomba nella sua vita per caso e lo trascina in un vortice di feste mondane e resort esclusivi in Sardegna, ma lo aiuta anche a trovare la forza per rilanciarsi.
È tutta qui la storia di Finalmente la felicità, semplice (forse semplicistica) favola di principesse azzurre e sogni a occhi aperti raccontata con il consueto garbo – anche se con qualche volgarità strapparisate di troppo – da Pieraccioni. Che si appoggia a un Papaleo in forma smagliante, alla bellezza di Luna (e del suo ex fidanzato guastafeste Jesus, ovvero il ballerino brasiliano Thyago Alves) e a due o tre sequenze da commedia degli equivoci francamente esilaranti. Ma deve anche fare i conti con una scrittura eccessivamente spezzettata – un paio di gag comunque divertenti vengono infilate a forza nella storia, rompendo la continuità narrativa – e frettolosa sul finale, non all’altezza di quanto visto fino a quel momento. Non mancherà poi chi si lamenterà del “solito buonismo pieraccioniano”; che è innegabile – la morale del film è quasi karmica: se ti comporti bene la vita non potrà che ricompensarti – ma è anche la cifra con cui il regista ha sempre voluto confrontarsi. E lo fa anche con Finalmente la felicità, un film piccolo, financo fragile, ma onesto e divertito. In tempi di crisi c’è bisogno anche di questo.
Mi piace
Il garbo e l’ironia con cui è raccontata la storia. Le gag di Rocco Papaleo.
Non mi piace
La scrittura debole. La chiusa frettolosa della vicenda.
Consigliato a chi
Ha voglia di rilassarsi per un’ora e mezza e dimenticare paure e incertezze con la più classica delle fiabe a lieto fine.
Voto: 3/5
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