Fire Squad - Incubo di fuoco: la recensione di Mauro Lanari
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Fire Squad – Incubo di fuoco: la recensione di Mauro Lanari

Fire Squad – Incubo di fuoco: la recensione di Mauro Lanari

D’AEREI E METAFISICA
(In collaborazione con Orietta Anibaldi)
“Only the Brave” termina con una fras’in sovrimpressione: “The Yarnell Hill fire is the greatest loss of firefighters in the U.S. since the September 11 attacks” (“L’incendio di Yarnell Hill è la più grande perdita di pompieri negli Stati Uniti dagl’attacchi dell’11 settembre”), e il pensiero corre ai legami coll’episodio d’Iñárritu incluso nel collettaneo “11 settembre 2001” del 2002: strage (pure) di pompieri causata da un’o più aeroplani. S’avverte il senso di caducità biblica descritta in Genesi 3, 19: “polvere tu sei e in polvere tornerai”, e si può reagire evocando la strofa di Neil Young citata da Cobain alla fine della sua lettera d’addio: “It’s better to burn out/than to fade away”. Ma il regista messicano chiud’il proprio cortometraggio con una didascalia ch’è una denuncia sociopolitica al teismo o alla sua variante fondamentalista, la sua filmografia s’esaurisce nell’analisi critic’antropologica, gl’è estraneo un ragionamento più vasto, esteso alla globalità dell’ecosistema. “Riempitevi di questa splendida vista, tenetela dentro di voi, perché quando farete il battesimo non saprete più guardare un bosco e apprezzarne la pura bellezza. Dopo che avrete assaggiato il bastardo sul campo, riuscirete a vedere soltanto una cosa: combustibile.” Kosinski usa tale discorso dell’Eric Marsh di Josh Brolin per aprirsi a un “malum mundi” che permea la realtà con una ferocia come forse solo in “Kekexili: Mountain Patrol” (2004) e nel suo paesaggio tanto sbalorditivo quanto crudele. Non è la natura matrigna di Leopardi, bensì una natura violenta m’ancor prima violentata da leggi che vèssan’ogni entità cosmica, e ciò spiega l’altrimenti contraddittoria “Battaglia in paradiso”. “Fire Squad” non indugia su presunti atti d’eroismo, raccont’invece d’una “quotidianità del male” contrappost’a un’analoga epicità del e nel quotidiano, ch’emerge nella cronaca e fa notizia se o quando càpita ch’abbandoni il proprio consueto basso profilo. Il “malum mundi” di Kosinski ha un’ulteriore prerogativa nient’affatto umana: irrompe con le sembianze della fatalità metafisica, un velivolo che sgancia il carico d’acqua sbagliando le coordinate. Nulla del genere nei due aerei d’Iñárritu. Viceversa è Klimov che, in “Va’ e vedi” del 1985, trasfigura i bombardieri nazisti nel nefasto rombare di piccole macchie scure volteggianti sopra la terra.

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