Flight: la recensione di Giorgio Viaro
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Flight: la recensione di Giorgio Viaro

Flight: la recensione di Giorgio Viaro

Whip Whitaker (Denzel Washington) è un pilota, e non uno qualsiasi: dopo una sbronza e una notte a letto con una delle sue assistenti di volo, in pieno hangover, si ritrova a gestire un atterraggio d’emergenza. Anzi, disperato. Contro ogni probabilità salva quasi cento passeggeri e ne perde sei. Eroe o disgraziato? Il punto è che a ogni disastro aereo segue un’inchiesta, e a Whip viene trovata una quantità enorme di alcool e cocaina in circolo: nonostante le prodezze in volo, rischia l’ergastolo.
A cosa vi fa pensare uno spunto come questo? Se avete visto il trailer, senz’altro a un thriller giudiziario, ambientato in gran parte in un’aula di tribunale. Niente da fare: Flight è un dramma sull’alcolismo dagli intenti educativi, che mette in fila tutti gli stereotipi del genere. Whip è un uomo in balia della sua dipendenza, che non solo ha perso la sua famiglia, ma non riesce a tenersi attaccata nemmeno un’altra disgraziata come lui, un’eroinomane in cerca di un punto di riferimento (Kelly Reilly). La spirale di autodistruzione procede spedita, eppure non compromette le sue chance di assoluzione al processo, perché un avvocato-squalo (Don Cheadle) e la complicità degli altri membri dell’equipaggio gli coprono le spalle e cancellano le prove che si lascia dietro.
È su questa base che lo script costruisce un trappolone morale con una via d’uscita obbigatoria: Whip era strafatto, ma ha compiuto il suo dovere come meglio non poteva; ha la chance di essere scagionato, ma per farlo  deve infangare il nome di una hostess. Non può, insomma, uscirne pulito senza fare la figura del mascalzone di fronte allo spettatore. Anche perché nel frattempo è introdotta nella storia anche la famiglia di Whip, che resta in scena 5 minuti in tutto, il tempo necessario per gravarlo di sensi di colpa.
Così il film si trasforma in uno spot contro l’alcolismo, e in una lunga predica sulla necessità di assumersi le proprie responsabilità. Ma di fronte a chi? I passeggeri sono salvi, e Whip è in definitiva un adulto che fa delle scelte sulla propria pelle. Il film prima ci (di)mostra che il suo talento è più che sufficiente a compensare le sue manchevolezze, e poi afferma che per quelle manchevolezze è comunque necessario espiare (l’espiazione è in definitiva il nucleo del film). Gli ultimi minuti, che non vi anticipiamo, chiudono il cerchio e sono i più diffiili da digerire.
C’è però, a contraltare di questo atteggiamento ricattatorio, la qualità della regia di Robert Zemeckis, che confeziona almeno un paio di sequenze ai limiti del prodigio: il disastro aereo è forse il migliore che si sia mai visto al cinema, e la sequenza notturna in cui Whip lotta con se stesso in albergo per non cavar fuori dal frigobar una bottiglietta ti restituisce la fede negli dei del cinema. Non mancano nemmeno i siparietti di alleggerimento azzeccati, per lo più affidati al personaggio di John Goodman, pusher e amico di Whip.
Flight dà insomma il meglio di sé quando abbassa i toni e si dedica al puro spettacolo, mentre avvilisce quando molla gli ormeggi e diventa una pubblicità progresso.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
La regia ispiratissima di Robert Zemeckis

Non mi piace
Il moralismo da pubblicità progresso della storia

Consigliato a chi
Ama i melodrammi ad alto tasso di alcool

Voto: 3/5

 

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