Foxcatcher - Una storia americana: la recensione di Mauro Lanari
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Foxcatcher – Una storia americana: la recensione di Mauro Lanari

Foxcatcher – Una storia americana: la recensione di Mauro Lanari

Dei 3 film di Bennett Miller, quest’ultimo è di gran lunga il peggiore. Negl’extra del dvd di “Capote” Bennett spiega il suo asciutto minimalismo curato al dettaglio, fino alla scelta di grandezza e colore delle stanze come la cella conclusiva: “l’emozione claustrofobica deve scaturire dalla situazione scenica, dalla sceneggiatura, dalla recitazione; l’enfasi non coadiuverebbe m’andrebbe percepita quale eccesso retorico e didascalico.” Sarà forse stato merito pure di Truman Capote stesso, del suo capolavoro letterario e della sua biografia esemplare, comunque sia dopo quel film Bennett è morto e sepolto, sostituito con un clone dallo stile antitetico, in questo caso autore d’una drammaturgia da Kammerspiel psicoanaliticoide esasperata oltr’ogni limite sopportabile, dove la lotta sportiva metaforizza la conflittualità anzitutt’interiore. Stavolta il rigore registico scade a lumacaggine, glacialità, toni plumbei e silenz’immotivati, distaccati e manieristici, artificiosi e artefatti, che danneggiano la fruizione rendendola una tortura. “Atmosfere disturbanti, spettrali, morbosamente disagevoli, suggestivamente horror, davvero inquietanti”: “davvero”? Annateven’alletto senza Carosello. “Interpretazioni esaltanti”? Un c.d. “film d’attori” non è mai un film serio. “Il più giovane talentuoso cineasta statunitense assieme a David O. Russell”? Un altro partito alla grande e poi persosi per strada. Siete messi proprio bene.

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