Attenzione alle richieste d’amicizia su Facebook, soprattutto se provenienti da una tizia semi-freak che come hobby ha quello di strapparsi i capelli e stalkerare le persone, oltre a lanciare malefiche maledizioni pagane. Un personaggio instant (s)cult, questa Ma Rina, e in verità tutto il film di Simon Verhoeven è meno brutto di quanto la critica generalista ha scritto; Friend Request è così trash che non è proprio possibile odiarlo, a patto di considerarlo semplicemente per quello che è: un divertissement per il pubblico di teenager medio che va al cinema il sabato sera aspettando i jumpscare per spaventarsi a vicenda e magari tenere la manina alla propria vicina di poltrona.
E di botti improvvisi, il film ne offre in quantità abbondante, accompagnati ovviamente da tutti i possibili cliché del genere, dagli schifosi insetti che escono dalle orecchie alle presenze spettrali che si palesano allo specchio, fino alle possessioni e ai cadaveri che volano giù dal cielo. Verhoeven conosce i suoi ingredienti e non si fa mancare nulla, unendo l’horror da college americano ai topoi narrativi della new wave asiatica in stile Ringu e The Call, dovutamente aggiornati al mondo 2.0: il male non arriva più da telefonini o televisioni, bensì dai social network, e con esso, la paranoia esistenziale di ritrovarsi con zero follower. Peccato solo che il regista non abbia osato di più, adagiandosi fin troppo comodamente sul proprio target e sulle soluzioni più rassicuranti: ciò che Friend Request evita di fare, insomma, è cercare di sviare i luoghi comuni verso direzioni inedite. Non stiamo cercando il film rivoluzionario, ma solo un piccolo passettino in avanti rispetto quanto è già stato fatto prima, una micro-deviazione, una debole miccia che eppure sarebbe stata importantissima, se non addirittura vitale.
Per quanto godibile, Friend Request non riesce a togliersi di dosso una forte sensazione di superficialità, dato che Verhoeven non dà mai al suo pubblico più di quanto questo si aspetta già. Peccato, perché il materiale offriva davvero delle interessanti possibilità sul piatto, sia a livello di concept (l’alienazione virtuale, così ampiamente trattata dal cinema drammatico, ma ancora poco sfruttata dall’horror) che di esecuzione (senza necessariamente citare il satanico Rob Zombie, ma nessuno ha imparato dagli ansiogeni colpi dei primi Lucky McKee?). I ragazzini usciranno dal cinema divertiti; forse noi anche, ma con annesso fastidio di bruciato per l’ennesima occasione sprecata.
Leggi la trama e guarda il trailer
Mi piace: L’involontario (?) senso di trashaggine lampante e le evocazioni j-horror
Non mi piace: La mancanza di reale ansia capace di andare oltre l’elenco di cliché
Consigliato a chi: Non cerca altro dal cinema se non qualche botto di spavento tra fragorose sgranocchiate di pop-corn
Voto: 2/5
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