Frozen: la recensione di Giorgio Viaro
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Frozen: la recensione di Giorgio Viaro

Frozen: la recensione di Giorgio Viaro

Dopo 110 anni di storia del cinema, un’idea (quasi) originale non si trova così spesso. Ne trovate una in Frozen, horror d’alta montagna firmato da Adam Green a cui già dovevamo il vintage-splatter Hatchet e lo psico-thriller Spiral, entrambi una spanna sopra la media del genere.
Frozen parte da uno spunto esile ma fulminante: tre amici decidono di passare il weekend sulle piste da sci, ma la domenica sera prendono la seggiovia quando ormai l’impianto sta chiudendo. Risultato: restano bloccati a metà della salita, con trenta metri di vuoto sotto il sedere. Le luci si spengono, la pista è deserta, e fino al venerdì successivo l’impianto non tornerà in funzione. Il resto del film è la storia dei loro tentativi per non finire congelati/sfracellati al suolo/divorati dai lupi. C’è poco da aggiungere: Green sfrutta la sua intuizione come meglio non potrebbe, spargendo pochissimo sangue e lavorando invece sul tema dell’assurdo. I protagonisti passano dall’incredulità, al panico, alla disperazione in modo assolutamente credibile, e più che della paura si finisce preda dell’ansia. Una dimostrazione esemplare di quel che si può fare con una buona idea, tre ottimi attori e un piccolo budget.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
La perfetta costruzione della suspance. L’idea di una situazione di pericolo che si origina in modo credibile praticamente dal nulla.

Non mi piace
Se proprio dobbiamo trovare un difetto, l’unità di luogo è la forza ma anche il limite del film: una cabina sospesa nel vuoto, alla lunga distanza può risultare un po’ noiosa.

Voto: 4/5

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