Ghost Rider: Spirito di vendetta: la recensione di Giorgio Viaro
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Ghost Rider: Spirito di vendetta: la recensione di Giorgio Viaro

Ghost Rider: Spirito di vendetta: la recensione di Giorgio Viaro

Di fronte a una sceneggiatura povera di idee come quella di Ghost Rider: Spirito di Vendetta – pseudo sequel del cinecomic con Nicolas Cage del 2007 – viene prima di tutto da mettersi nei panni del povero regista che si è ritrovato con questo materiale tra le mani. Tanto più se si tratta di una coppia – Neveldine & Taylor – che si è fatta negli ultimi anni una nomea tutt’altro che disprezzabile, rinnovando ritmi e abitudini del cinema d’azione con una miscela di folli stunt e situazioni da videogioco (vedi i due Crank e l’ibrido Gamer).

Che cosa vi aspettate che facciano due così con una storia che si può riassumere in “Nicolas Cage vuole salvare un bambino dalle grinfie del diavolo”? Con uno script pieno di dialoghi che stanno in bilico sul baratro del ridicolo?
Fanno l’unica cosa sensata: cioè lavorano sul concetto stesso di cinema d’azione, trasformando i paradossi in occasioni di sperimentazione registica, e il ridicolo in cifra stilistica, quasi la ragion d’essere del film.

Vediamo di spiegarci un po’ meglio: a due terzi di racconto, tra un inseguimento e l’altro, i protagonisti si ritrovano in moto su una superstrada deserta. Una lunga sequenza, che non serve a nulla e non ha nulla a che fare con il resto del film, li mostra derapare e impennare sulle loro moto a distanza ravvicinata, immersi in una suggestiva luce crepuscolare (Neveldine si è fatto sganciare da un camion con i rollerblade ai piedi e la camera in spalla, per girare la scena). 30 minuti prima, un lunghissimo primo piano di Cage lo mostra cavalcare una moto mentre la sua faccia si deforma in un teschio, poi torna normale, quindi ricomincia. E si potrebbe andare avanti citando le sequenze d’animazione astratta o i flashback lisergici.

In questi francobolli di cinema iperdinamico e in un certo senso espressionista, così come nella costruzione frenetica, tutta camera a mano e piani strettissimi dei conflitti corpo a corpo (qualcuno ci spieghi a che serve la versione 3D con questo tipo di regia), si riconosce il tentativo di fare qualcosa di personale da parte del duo, che fra l’altro accentua molto i toni horror del film rispetto al carattere ludico del predecessore.
Il resto, come detto, è un action scritto e pensato con poco ingegno e ancor meno inventiva, in cui Cage e la nostra Violante Placido – così come il gigante Idris Elba, con delle bizzarre lenti verdi, o il redivivo Christoph Lambert – si agitano con molto impegno ma poco costrutto. Mettiamola così: voto alto ai registi, voto scarso al film.

Guarda il trailer e leggi la trama di Ghost Rider: Spirito di vendetta

Mi piace
Il tentativo dei due registi di sperimentare sempre soluzioni nuove per l’azione, nonostante lo script da minimo sindacale

Non mi piace
La totale assenza di inventiva in sede di costruzione della storia. David S. Goyer è forse lo sceneggiatore più sopravvalutato di Hollywood

Consigliato a chi
A chi ama l’action-horror che non va troppo per il sottile. E agli irriducibili di Cage

Voto: 2/5

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