“Ghostbusters: legacy” (Ghostbusters: Afterlife, 2021) è il nono lungometraggio del regista canadese Jason Reitman.
È finalmente arrivato il vintage tanto atteso. O meglio di cui da tempo si vociferava un seguito, un remake o un rebot. Alla fine un termine vale l’altro.
Dal 1884 al 2021 sembra passata un’eternità…eppure il cinema si compiace da più parti di rifare e disfare tutto quello fatto in passato…
Cambiano l’ambientazione. Da una New York scossa e movimentata ad una campagna dell’area di
Sommeville nel Massachusetts (e come non pensare a serie tv.movie) dove regna il silenzio con roboanti
Scosse a svegliare l’attonita popolazione.
Gente della provincia americana. Ambienti con orizzonti lontani, abitanti chiusi, scuola in vhs e intanto i fantasmi trovano casa sfrattati da New York. E il Signor ‘Zappaterra’ passa piano piano dal dileggio di tutti al riconoscimento post.mortem. È il suo fantasma che fa il finale nei sogni e negli abbracci. Fantasmi reali e irreali. Dallo stress cittadino al vuoto esistenziale della sperduta vita agreste.
Ho solo visto un fantasma. Niente di che. I ragazzini, ultimi e lasciati dal gruppo, diventano i ‘piccoli’ eroi. Solleticati da tanta voglia riprendono in mano (al volante per meglio dire) il ‘vecchio catorcio’ col simbolo ‘ghostbusters’. E’ le saette inondano il loro spirito di iniziativa e tutto lo schermo.
Ovvio che la ‘scampagnata’ con l’auto va a finire nel luogo ideale per far continuare la storia. Il film aspetta le grida di routine, come la fuga; ma i ‘(Ghost)Tremors’ (1990) sono in agguato con le loro saette.
Sommerville luogo di incontro e del passato; Lì dove ogni incrocio porta all’eredità del nonno (rincitrullito): una villa dispersa, vecchia, piena di polvere e un seminterrato pieno di ogni idea e di foto (fino al posto di riposo di un fantasma in vena di scherzare). L’incrocio di ogni vita (strana) di quel posto ingrigito.
Trema la provincia americana, tremano le case, trema la popolazione; non tremano i più giovani. Ragazzi ‘birbantelli’ che conoscono la ‘scienza’. E i vecchi ‘acchiappa-fantasmi’ tornano per dare una mano. Il vintage padre-figlio (registi), vecchi-nuovi set, grandi-piccoli attori è completo.
Il successo finale di Ray Parker Jr (hit del primo film del 1984) completa il vero ‘dèja-vu’ di un film che ‘sorride’ a se stesso, si compiace (con certa ridondanza), si scatena (copiando) e arriva alle generazioni (di giovani odierni) con fragore minimo (almeno stando a vedere agli incassi nel nostro Paese).
In questo film si trovano più messi assieme con citazioni, ambienti e personaggi:
Le citazioni spielberghiane sono a piene mani:
Il film si compiace dell’originale (di Ivan Reitman padre di Jason) e di tanto degli anni ottanta:
“The Goonies” (id. -1985-, di Richard Donner): il gioco è simile e i modi sono scanditi come un’avventura di un set in movimento. Dall’imbranato al nerd, dalla scienziata al ribelle. Tutto senza vere sorprese. E anche la mamma Callie appare in ‘routine’ con il ‘professore’ Gary con incontri e sdoppiamenti senza sbavature di sceneggiatura (come ci si attende). “Gremlins” (id., -1984-, di Joe Dante; poi ‘la nuova stirpe’ arriva nel 1990), i mini ‘fantasmini’ e i corpuscoli bianchi sono dappertutto (dal supermercato) fino all’auto dove Podcast ha il suo da fare (piccoli brividi….). Sembra coperto di farina doppio ‘ghost’ (00).
“Piramide di paura” (“Young Sherlock Holmes” -1985- di Barry Levinson): gli anfratti sotterranei e i (viscidi) fantami che come fulmini attendono gli ospiti. Ancora meglio in “Indiana Jones e Il tempio maledetto” (“Indiana Jones and the Temple of Doom” -1984-, di S. Spielberg, 1987) dove il bambino non è l’ultimo arrivato. Poi “E.T.” (“E.T. the Extra-Terrestrial“ -1982- di S. Spielberg): la parte finale con sguardi e volti (in misure e sorrisi) che guardano soddisfatti la sconfitta dei ‘ghost’. E la guida di Trevor senza patente come quella del furgone di Michael con Elliot.
E naturalmente tutto l’originale (“Ghostbusters”, 1984) con modi, ammiccamenti, strumenti e mezzi di riciclo di nuovo in uso.
Cast:
Carrie Coon (Callie Spengler) e Paul Rudd (Gary) riescono a farsi piacere: tutto previsto e niente sorprese. Anchel’attacco amoroso e i loro occhi super-spiritati. Mckenna Grace (Phoebe), Finn Wolfhard (Trevor) e Logan Kim (Podcast) sono in parte e divertenti. E i superstiti, Akroyd, Murray, Hudson rientrano in gioco con ‘nonchalance’ e memoria di ritorno (il film è dedicato a Harold Ramis scomparso nel 2014).
Regia: come si deve e come conviene fare in certi casi.
Voto: 6/10 (***) -cinema routine-