Gli sfiorati: la recensione di Karin Ebnet
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Gli sfiorati: la recensione di Karin Ebnet

Gli sfiorati: la recensione di Karin Ebnet

Chi sono gli sfiorati del titolo? Sono giovani naufraghi in balia delle onde emotive. Ragazzi instabili, profondamente infelici e sempre alla perenne ricerca di se stessi e di un modo per occupare le lunghe giornate (e nottate). Sono parassiti che vivono sfruttando una generazione che rifiutano e disprezzano, ma da cui non sono capaci di staccarsi. Mete, il protagonista del film, non sembra però sia così. Ha un qualcosa degli sfiorati, ma ancora il senso del dovere e un certo grado di maturità e responsabilità lo tengono con i piedi ben piantati per terra. Forse proprio grazie alla passione per la grafologia, che lo ha reso un abile lettore del carattere umano. Ma ogni buon proposito viene a mancare quando si trova a condividere la stessa casa con la sorella (hanno il padre in comune). E ben presto si ritrova ad essere pure lui un allegro sfiorato.

Sono tanti, forse troppi i temi che Matteo Rovere, al suo secondo lungometraggio dopo Un gioco da ragazze, cerca di portare avanti: non solo quello di una generazione perennemente in disequilibrio ma anche quello delle “cattive” famiglie”, fucina degli sfiorati, dell’amore proibito (incestuoso) e dell’amicizia che poi tanto sacra non è. Temi forti, che il regista tenta di celare dietro a una maschera da commedia, ma che finiscono soltanto per venire falsificati dai toni eccessivamente leggeri per la drammaticità degli eventi e dei personaggi. Colpa forse di una sceneggiatura poco accurata e di un uso spesso troppo facile di stereotipi e scorciatoie (vedi la droga o il nude look di Miriam Giovanelli) che mostrano tutta la debolezza della pellicola. Come l’uso poco sapiente degli attori (tranne i soliti noti), immobili in una staticità espressiva che invece di emozionare sospende, invece di far palpitare allontana. Un film incompiuto, o forse, meglio dire, “sfiorato”, proprio come i suoi protagonisti.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace

La bellezza da lolita di Miriam Giovanelli e la bravura di Asia Argento e Claudio Santamaria, capaci di dare spessore a personaggi incompiuti.

Non mi piace

Lo stile visivo di Matteo Rovere. Il finale, demagogico e facilone.

Consigliato a chi

Ha una passione per le belle ragazze svestite e per la Roma nottambula

Voto: 2/5

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