Titolo: Gravity Anno: 2013 Regia: Alfonso Cuarón Interpreti: Sandra Bullock, George Clooney.
Trama: Durante un’operazione di manutenzione nello spazio all’esterno dello Space Shuttle Explorer, la dottoressa Ryan Stone (Sandra Bullock) e il comandante Matt Kowalsky (George -Clooney), si ritrovano nel mezzo di una pioggia di detriti – causata dall’esplosione di un satellite russo – che viaggia a centinaia di kilometri all’ora attorno all’orbita della Terra . I detriti colpiscono e distruggono l’Explorer uccidendo quasi tutto l’equipaggio, lasciando la dottoressa Stone e il comandante Kowalsky come unici superstiti. Per far ritorno sulla Terra i due dovranno raggiungere un satellite russo nel tentativo di utilizzarne la capsula di salvataggio; l’ardua impresa costringerà però i due a dividersi, e la dottoressa Stone si ritroverà sola nel tentativo di tornare a casa.
Cameraman intraprendenti
Dopo una veloce carrellata di frasi in sovra impressione per spiegarci come mai nello spazio la vita non è possibile (che ci si augura servissero solo da monito), il film ci accoglie con un non lungo ma lunghissimo piano sequenza, nella quale ci vengono mostrati la dottoressa Stone, il comandante Kowalsky e il loro collega astronauta Shariff (che non avrà mai un volto, non avendo neppure un interprete) impegnati in un’operazione di manutenzione di un telescopio all’esterno dell’astronave Explorer. L’occhio della telecamera – qui virtuale – ruota attorno alla scena come la Luna ruota attorno alla Terra: ne segue più di un orbita, proprio come se la scena fosse girata all’interno di un set sferico. Le enormi possibilità offerte dalla ricostruzione virtuale dello spazio aiutano lo spettatore ad essere effettivamente proiettato all’esterno dell’astronave Explorer, proprio come fossimo noi i cameraman. L’obbligato 3D rende effettivamente il tutto più realistico, dandoci l’impressione che pezzi di detriti ci sfreccino accanto – soprattutto quando ci viene proposta la visuale soggettiva della dottoressa – e facendoci patire per la sorte dei due astronauti nel loro tentativo di trovare un appiglio per ancorarsi a questo o quel satellite allo scopo salvarsi. In un primo momento sembra che il film si costituisca di piani sequenza tanto lunghi da poter essere contati sulle dita di una mano; ma in un secondo momento le sequenze si rimpinguano – anche se non troppo – di stacchi, allontanandoci leggermente da quella sensazione di coinvolgimento, ma forse essenziali per farci comprendere quali siano i movimenti degli astronauti nel dettaglio. Lo scopo – che si suppone fosse il primario – del film di proiettarci all’esterno del pianeta risulta in buona parte riuscito.
Ryan e Matt
I personaggi principali Ryan Stone e Matt Kowalsky (qui interpretati rispettivamente da Sandra Bullock e George Clooney) non ci vengono inizialmente spiegati, ma li troviamo nell’insolita cornice in qualità di esperti nel loro settore, o entusiasti veterani dello spazio. Il personaggio del comandante Kowalsky viene tuttavia profondamente definito nella sua natura burbera e chiacchierona – seppur estremamente capace – anche se della sua vita si intuisce ben poco, o quel poco che può trasparire dal suo entusiasmo nel restare nello spazio. La dottoressa Stone, più restia a rimanere in quell’ambiente ostile, non la si può di fatto ben definire, poiché la si percepisce per tutto il film, in una situazione insolita, di pericolo, dove prendono il sopravvento anche sentimenti che generalmente non ci appartengono. Proprio questo fa si che una nota ‘stoni’ all’interno del contesto, ovvero la sua storia personale: seppur il suo scopo fosse stato quello di aggiungere uno stampo sentimentalistico alla vicenda, questo ci risulta incompleto e fuori luogo, ma soprattutto superfluo. Per quanto romantica possa risultare la visione di una Sandra Bullock in lacrime nello spazio mentre trova nelle sue vicissitudini sulla Terra un motivo per tornare, vedere ‘come’ fa a tornare (più che ‘perché’), resta inequivocabilmente in primo piano. Il cast d’eccezione comunque (per quanto si tratti di soli due attori), non smentisce la loro fama, ma si potrebbe pensare che potessero fare di meglio.
Inesattezze
Il film è ricolmo di inesattezze scientifiche e tecniche. Non è ovviamente in questa sede che ha senso elencarle e spiegarle, ma il punto su cui bisognerebbe soffermarsi è se sono ‘passabili’ o meno. E’ chiaro che la spettacolarità cinematografica venga prima della veridicità di quanto accade, è però anche vero che Gravity, è forse il primo film che scavalca – seppur di pochissimo – la linea della fantascienza, per collocarsi appena al di qua del confine “realtà”. Ci si può perciò domandare se arrivati ad un punto così maestoso e allo stesso tempo vicino a quanto accade – o meglio: potrebbe accadere – nello spazio durante una spedizione – non sia per una questione di completezza riempire anche quelle piccole falle tecniche e scientifiche che potrebbero far storcere il naso a chi alla realisticità di quanto gli viene propinato ci tiene.