Guardiani della galassia Vol. 2: la recensione di salvatore89
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Guardiani della galassia Vol. 2: la recensione di salvatore89

Guardiani della galassia Vol. 2: la recensione di salvatore89

Ingaggiati dal popolo dei Sovereign ma poi braccati da questi per aver rubato delle preziose batterie, i Guardiani della Galassia si dividono in due gruppi: Il Procione Rocket e il tenero albero antropomorfo Groot se la vedono con i Ravagers di un rammollito Yondu, mentre Star-Lord conosce finalmente il padre, Ego, scoprendo molti segreti inaspettati sulla propria natura semi-umana.
Non se lo aspettavano in tanti nel 2014 ma Guardiani della Galassia ha saputo sdrammatizzare una space opera ad elevato rischio di ridicolo, restituendo quell’attitudine smaliziata, da spacconi, con cui Han Solo o Jack Burton hanno salvato fantasy e sci-fi dalla noia seriosa dei biografi nerd. Tanto da poter tranquillamente affermare che lo scanzonato spirito originario di Guerre stellari alberghi più nel film di James Gunn che in quanto sia avvenuto alla saga degli Skywalker negli ultimi trent’anni. Per il secondo episodio della serie, ultimo atto prima delle attese Infinity Wars che vedranno Guardiani e Avengers lottare insieme, James Gunn si trova di fronte a un pericolo più temibile di un mostro dallo spazio esterno: la paura di non essere all’altezza dell’originale oppure di tradirne l’essenza.
Seguendo un curioso fil rouge da “ultimi giorni della disco music” che ha innervato molto cinema recente – I Guardiani della Galassia Vol. due insiste nuovamente sul periodo di passaggio tra ’70 e ’80, punto di svolta nella storia degli Stati Uniti d’America, rivivendolo attraverso le audio cassette di Peter Quill. Quest’ultimo, di fronte a una duplice figura paterna, espone ancor più le proprie debolezze, nel nome di una scomposizione e ricomposizione del macho in una nuova forma di eroe che non disdegna di mostrare il suo lato tenero e vulnerabile, con una donna forte al proprio fianco.
Per l’occasione la generazione dei macho cinematografici anni Ottanta rivive quasi al gran completo, in una parata di stelle action che fa pensare più a I Mercenari della Galassia che ai Guardiani della stessa: tra Kurt Russell padre-padrone- Dio che di nome fa Ego e Sylvester Stallone , il cui ruolo fa da deus ex macchina nei confronti del film , trovano posto persino Michelle Yeoh e Ving Rhames, rispettivamente nei panni di Atleta Ogord (Yeoh ) e Charlie – 27 .
Insieme all’assunto del diverso ruolo del maschio e della sua manifestazione attraverso la gestualità – Peter invita al ballo Gamora e non il contrario; Egli palesa i propri sentimenti, dove lei li occulta – altro tema portante è quello della paternità. In Guardiani della Galassia Vol. due il conflitto edipico tra padre e figlio va oltre lo stile Vader – Skywalker, mettendo in scena una vera e propria lotta che implica una scelta morale tra padre di nascita e di adozione. Nato da un dio ma adottato da un sordido ladro, Peter riconosce in quest’ultimo una figura paterna autentica, lo specchio della sua natura umana e imperfetta, dove la “perfezione”, ancora una volta, si traduce in una macchina di distruzione galattica (il pianeta Ego come la Morte Nera di Darth Vader – “È grande come una piccola luna” spiega Ego-Russell a Star-Lord). Impagabile, infine, l’alchimia tra Groot e Rocket Raccoon, garanzia di tempi comici perfetti. In generale sono i comprimari più che i primi attori a essere esaltati dallo script di Gunn. Sotto l’invenzione di razze dai nuovi colori ed effetti tridimensionali e digitali strabilianti, va quindi in scena un’umanissima vicenda di solitudine, amicizia, fratellanza, accettazione della diversità. Con il rischio concreto di sfociare nello sdolcinato (nell’epilogo la melassa rischia di strabordare), riuscendo a mantenere ancora il controllo della navicella. Un ultimo dettaglio da rilevare è la grande colonna sonora di questo film: Awesome Mix Volume II mixa le canzoni più belle che questo periodo ha avuto passando da Father and Sons di Cat Stevens a Flash Light dei Parliament per arrivare a My Sweet Lord di George Harrison.
Cuccia Salvatore

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