Tutto finisce. Non vorremmo che fosse così, ma è inevitabile: siamo alla battaglia finale, e dobbiamo rassegnarci. Tutto finisce, anche le storie più belle. E allora prendiamo un bel respiro e tuffiamoci nell’ultimo viaggio.
Harry Potter e i Doni della Morte – Parte 2 è l’ottavo e ultimo film della saga creata da J. K. Rowling e approdata al cinema ormai dieci anni fa. È il più breve degli otto, poco più di due ore delle quali più di metà dedicate alla battaglia finale tra buoni e cattivi. È cupo e violento, spesso privo di colonna sonora e di quei colori saturi e briosi che affascinavano nei primi cinque film. È il primo in 3D, anche se di questo particolare avremmo potuto fare a meno: in un film che fa della fotografia buia un punto di forza, arriva a pregiudicare la comprensione di alcune scene. È, infine, il più fedele al materiale originale: è difficile dimenticarsi per strada dei pezzi adattando trecento pagine scarse di libro, e infatti il lavoro dello sceneggiatore Steve Kloves è inattaccabile.
Fin qui è tutto incontestabile, ma il film com’è, vogliono sapere gli appassionati? Forse è meglio che rispondiate a un’altra domanda: siete fan della saga? Se la risposta è no, girate pure al largo. Pur compiendo un encomiabile sforzo per spiegare ogni piega della storia – e riuscendoci a volte anche meglio del confuso settimo volume firmato Rowling – la seconda parte di I Doni della Morte è, più ancora della prima, un favore fatto ai fan. Esempio principe: la scena in cui Harry rivive i ricordi di un Piton morente per scoprire le ultime verità sul suo conto, un lungo montaggio di vecchie memorie e momenti inediti che lasciano chiunque non sia un esegeta della saga a grattarsi dubbioso il capo e a chiedersi cosa sia appena successo. È vero, la varietà di registi e registri che ha accompagnato questi dieci anni di Harry Potter ha già scavato un solco incolmabile tra chi è “dentro” e chi è “fuori”, tra maghi e babbani; ma mai come in quest’ultimo capitolo è evidente la natura dei film come appendici visive dei libri, più che veri adattamenti cinematografici.
Ecco, detto questo siamo rimasti noi, i fan del “ragazzo che è sopravvissuto”. Ai quali non resta che dire la frase tanto attesa: una gita al cinema per I Doni della Morte – Parte 2 è d’obbligo.
È d’obbligo perché vogliamo dire addio a dieci anni di ricordi e avventure, che hanno visto Daniel Radcliffe, Emma Watson, Rupert Grint e compagnia crescere insieme ai loro personaggi; e poco importa, allora, se oggi quell’abito va un po’ stretto ai tre, che scalpitano per liberarsi definitivamente dei volti di Harry, Ron ed Hermione (come suggerisce il commovente ma troppo frettoloso epilogo).
È d’obbligo anche per godersi alcuni dei momenti migliori dell’intera saga: occhio agli SPOILER, ma il flashback sulla vita di Piton, la morte di Fred Weasley, il primo bacio tra Ron ed Hermione sono attimi indimenticabili, raccontati con sobrietà e delicatezza da un David Yates didascalico ma efficace.
È d’obbligo perché stiamo parlando di Harry Potter, soprattutto: e non sarà una religione, ma la devozione alla storia del maghetto non può non trascinare un fan al cinema, per l’ultimo, definitivo tuffo al cuore. Ignorate pure il fatto che non tutto è perfetto, che la tendenza a spiegare ogni passaggio l’impatto emotivo di alcuni momenti clou, ce (tanto per scendere nel dettaglio per appassionati) il colloquio Silente-Harry in un’immaginaria King’s Cross non rende un decimo di quanto faccia su carta. I Doni della Morte – Parte 2 è l’ultimo viaggio, che ci porta là dove tutto finisce. Come si fa a perderselo?
Mi piace
Il più lineare, appassionante e mozzafiato degli otto film, con alcune prove (Piton-Alan Rickman, Voldemort-Ralph Fiennes) da applausi.
Non mi piace
Un paio di scene che potevano e dovevano rendere di più. Un 3D inutile quando non dannoso.
Consigliato a chi
Ha amato i libri, ha amato i primi sette film, insomma ai fan. Agli altri va l’invito a recuperare il tempo perduto…
Voto: 4/5
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