Hunger Games: la recensione di Daniela Bizzarro
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Hunger Games: la recensione di Daniela Bizzarro

Hunger Games: la recensione di Daniela Bizzarro

Accettare la direzione di un film ispirato ad un best seller di successo è una sfida coraggiosa. Se infatti da un lato la notorietà della storia assicura un certo numero di spettatori, dall’altro svanito “l’effetto sorpresa” della trama, una mossa sbagliata nell’impostazione di quest’ultima rischia di suscitare critiche e mal umori nei fan della saga cartacea. Per “the Hunger Games” trasposizione cinematografica dell’omonimo libro di Suzanne Collins il problema è stato ovviato, affidando alla stessa scrittrice la redazione della scenografia, con risultati a dir poco soddisfacenti.

Tredici distretti ( le nostre province) osano ribellarsi alla tirannia della capitale di un America post- apocalisse, Capitol City, che non ha alcun problema a sedare i rivoltosi. Settantaquattro anni dopo i distretti, che nel frattempo sono diventati dodici, stanno ancora pagando le conseguenze di quel gesto, attraverso gli Hunger Games. Come monito a non ripetere gli errori del passato, ogni anno, nell’anniversario del grande scontro, un inviato di Capitol city si reca in ogni distretto a prelevare un ragazzo e una ragazza i cosi detti tributi, destinati a scontrarsi fino alla morte in quello che può essere considerato il più grande realty show di tutti i tempi. Quest’anno dal distretto dodici partiranno Katniss Everdeen e Peeta Mellark che, tra vecchi rancori e nuovi amori dovranno riuscire a trovare il modo per tornare a casa vivi.

Dopo un inizio lento, che come inquadratura ed atmosfera ricorda molto “la vita è bella “ di Benigni, ed una serie di momenti statici dovuti alla grande importanze “della politica” all’interno della vicenda , la pellicola è destinata a salire notevolmente di tono dall’ingresso dei ragazzi nell’ arena. Da quel momento in poi infatti, inquadrature e tecniche di ripresa la faranno da padrone valorizzando al massimo tutte le scene clou , grazie all’utilizzo della telecamera a spalla. Ottima la decisione del regista Gary Ross di rendere “interne ai vari protagonisti” alcune inquadrature, si ricordi la visione distorta del mondo che lo spettatore ha , guardando con gli occhi di una Katniss in preda alle allucinazioni.

Insomma, un film curato in tutti i minimi dettagli tecnici e la scelta del cast risulta essere effettuata con pari minuzia. La parte di Katniss Everdeen sembra fatta apposta per Jennifer Lawrence che, riesce in modo spettacolare a metterne in risalto tutte le qualità, lasciando comunque il sentore che il suo personaggio abbia ancora qualcosa da raccontare. Buona anche la prova del suo compagno Josh Hutcherson, Peeta Mellark, particolarmente a suo agio nei panni dell’ironico ragazzo debole.

Ma se Hunger Games dimostra d’avere tutte le caratteristiche tecnico-narrative necessarie per diventare una saga di successo, delle perplessità vengono suscitate dal messaggio che trasmette al pubblico. La protagonista infatti oltre alla sua battaglia nell’arena contro gli altri tributi, porta avanti uno scontro parallelo contro il “sistema” e tutto quello che li costringe a vivere in una situazione cosi degradante. E se per buona parte del film Katniss si fa valere, riuscendo addirittura ad averla vinta sulle regole degli Hunger Games, nel finale assistiamo ad una lei del tutto diversa da quella a cui i centosettantuno minuti del film ci avevano abituati.

“La ragazza in fiamme” diventa veramente parte dell’ingranaggio politico che tanto odiava? E’ possibile che la nascita di un eroina così speciale sia avvenuta per farci capire che è inutile combattere? Al secondo capitolo della saga l’ardua sentenza.

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