Lo diciamo senza timore di passare per prevenuti, visto che nel 2011 avevamo difeso l’esordio cinematografico di Biggio e Mandelli, e siamo fan delle loro strisce televisive: I 2 soliti idioti è un sequel mal riuscito.
Chi scrive è convinto che il duo comico, al meglio della propria forma, sia capace di una satira sociale efficace, surreale, inventiva, giustamente sfrontata. E con il suo parossismo, al passo con i tempi parossistici delle cronache parlamentari, nere, rosa.
Ma il problema dei comici televisivi è da sempre quello di sopravvivere all’estensione dei tempi: da quelli dello sketch, a quelli di una storia in tre atti (e novanta minuti almeno).
Nel primo film dei soliti idioti il trucco era riuscito grazie all’alternanza di tre linee narrative parallele (i tennisti e la coppia omosessuale, oltre all’affiatata coppia padre/figlio dei De Ceglie), e al filo rosso del fattorino e dell’impiegata indisponente. Ma soprattutto grazie alla scelta di far prevalere l’accumulo di gag, quasi tutte azzeccate, sul racconto tradizionale, presente (papà De Ceglie che vuole “iniziare” il figlio alla vita vera, prima che si sposi) ma esile fino all’invisibilità.
In questo nuovo film, invece, non è in discussione l’”educazione comica” dei due, il loro rispetto di qualche fantomatica etichetta stabilita non si sa bene da chi, quanto la tenuta comica sui novanta minuti di una storia pretestuosa, cretina e con snodi perfino incomprensibili, che non fa un buon servizio né alle singole gag (stavolta poche), né ai due protagonisti – stavolta incontrastati (ancora i De Ceglie del “Dai cazzo!”) -, vittime di una sovraesposizione già rischiata 12 mesi fa.
I personaggi di Biggio e Mandelli sono simboli della paralisi cerebrale di certe fette della società e del pubblico, e funzionano tanto meglio quanto più è breve l’arco che coprono. E infatti le parti più riuscite del film sono quelle ”metafilmiche” – protagonista un gruppo di ragazzetti che in una multisala guarda proprio I Soliti Idioti – ovvero quelle in cui il meccanismo dello sketch è più naturale, meno “lavorato”. Tutto il resto stanca in fretta, e altrettanto in fretta diventa una melma di turpiloquio e citazionismo pop-cinefilo che non centra mai per bene gli obiettivi (la TV spazzatura, la crisi morale ed economica della classe media, il triste fenomeno della criminalità stradale, ecc). Senza contare una regia ai minimi storici – nonostante i ghirigori citazionisti di cui sopra -, a tratti sgrammaticata, e una messa in scena poverissima.
Un altro mezzo buco nell’acqua dopo quello di Albanese, che rischia davvero – come hanno già detto in molti – di trasformare i due film nei nuovi cinepanettoni: uno per la destra e uno per la sinistra.
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Mi piace
Le gag dei ragazzini che in sala, davanti allo schermo, preferiscono guardare un film al cellulare…
Non mi piace
La storia non regge nemmeno per un secondo: che bisogno c’era di farla tanto complicata se non gliene frega niente a nessuno?
Consigliato a chi
Ai fan del duo, che non si scoraggiano davanti a una storia pretestuosa e sfilacciata
Voto: 1/5
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