I Mercenari 2: la recensione di Gabriele Ferrari
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I Mercenari 2: la recensione di Gabriele Ferrari

I Mercenari 2: la recensione di Gabriele Ferrari

Due jeep corazzate scendono da una strada di montagna, divorandola. Sono armate fino ai denti, cannoni, mitragliatrici, granate, soprattutto soldati. Armati fino ai denti e oltre: Sylvester Stallone, Jason Statham, Jet Li, Dolph Lundgren, Terry Crews, Randy Couture. L’urgenza è far saltare in aria una generica base ribelle in qualche altrettanto generico Paese dell’estremo Oriente. Edifici che esplodono, decine di morti, le fiamme salgono fino al cielo, i mercenari sfuggono ai nemici per il rotto della cuffia, a bordo di un aereo degli anni Sessanta con Babbo Natale serigrafato sulla carlinga.

Poi partono i titoli di testa.

I Mercenari 2 ci è stato presentato con una promessa di Sly: «Vedrete cose mai viste prima». Promessa mantenuta, nel bene e nel male. E siccome i fan sono interessati più al primo che al secondo, togliamoci i sassolini dalle scarpe: il film è pieno di difetti, amplificati rispetto al capitolo precedente e – soprattutto – spesso inaspettati. Per esempio: che lo script di Stallone sia semplificato e ridotto all’osso, tanto da far sembrare I Mercenari un thriller di Hitchcock, era prevedibile; per la cronaca, il film ruota intorno a una missione di recupero di grosse quantità di plutonio dalle mani di un terrorista, con un sottotesto di vendetta. Meno prevedibile era l’introduzione di due nuovi personaggi che sembrano strizzare l’occhio a un’altra generazione di fan: Billy The Kid (Liam Hemsworth) e Maggie (Yu Nan); e ancora meno che Stallone potesse costruire intorno ai due (soprattutto Billy) una serie di dialoghi introspettivi e strappalacrime che, tra un muscolo e un sigaro, risuonano vuoti e fuori posto. Come fuori posto, in una festa anni Ottanta, è la grande quantità di sangue digitalizzato che sgorga da ogni ferita, o la relativa staticità di tutti i personaggi, questa volta più impegnati a sparare che a menare. Con conseguente spreco di gente come Scott Adkins, qui spalla del villain principale (uno spettacolare Jean-Claude Van Damme) il cui ruolo si risolve in una rissa di pochi secondi verso la fine del film

Ora che ci siamo liberati di questo peso, è il momento di parlare di tutto ciò che c’è di buono nei Mercenari 2. Il cast, per esempio: chi pensava a una riunione di vecchietti annoiati che svolgono un compitino si dovrà ricredere nel vedere i volti estasiati di Sly&company ogni volta che imbracciano un fucile. E per quanto il giochino di citazioni cinefile a volte raggiunga livelli da parodia («Manca solo Rambo!» grida Schwarzenegger durante una sparatoria), come si fa a non perdonare certi eccessi proprio a loro? Soprattutto di fronte a quelle tre/quattro sequenze di action purissima che fanno dimenticare qualsiasi difetto, qualsiasi dubbio di autenticità e onestà: basterebbe la prima scena, o il combattimento tra le strade di una città fantasma tra le montagne dell’Albania, a cancellare le critiche. Perché quello che conta, in un film così, è uscire dalla sala con il sorriso sulle labbra.

Forse il vero, grosso problema di I Mercenari 2 è l’hype che l’ha preceduto, la convinzione che ci saremmo trovati davanti al Film definitivo dopo il quale non ci sarebbe più stato bisogno di action. Invece ci ritroviamo per le mani un divertissement autoreferenziale e a tratti un po’ goffo, ma con abbastanza colpi di classe da strappare non solo la sufficienza, ma anche qualche applauso.

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Mi piace
Le facce, i muscoli, i proiettili: Sly, Schwarzy, Bruce Willis, Jason Statham e gli altri. La prima e l’ultima sequenza, in particolare, sono da urlo.

Non mi piace
La regia anonima di Simon West. Qualche difetto (anche grosso) in fase di scrittura.

Consigliato a chi
Semplicemente ai fan. Degli anni Ottanta, dell’action, di Stallone: dovreste già sapere se il film fa per voi.

Voto: 3/5

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