I segreti di Osage County: la recensione di Alessia Carmicino
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I segreti di Osage County: la recensione di Alessia Carmicino

I segreti di Osage County: la recensione di Alessia Carmicino

“Non si va da nessuna parte”: di ritorno dal medico dopo l’ennesima overdose di pillole, la neo vedova Violet Weston fa fermare la macchina sulla quale stava viaggiando con le tre figlie e inizia a correre verso un campo aperto; la battuta con cui la primogenita Barbara risponde a questa breve fuga, forse un ultimo moto di ribellione contro sè stessa e il copione di un destino già scritto, dice molto più di quanto vorrebbe su August Osage County( arrivato in Italia col titolo da telenovela ” I Segreti di Osage County”), prima trasposizione cinematografica dell’omonima piéce teatrale di Tracy Letts diretta da John Wells( The Company Men, alcuni lavori per il piccolo schermo e una solida carriera da produttore).

Perchè lontano dal vento delle opportunità che soffia sulle Grandi Metropoli il cuore degli Stati Uniti giace ancora lì, seppellito nelle desolate pianure dove bisogna guidare per miglia e miglia prima di incontrare anima viva e le distanze, impossibili da coprire, spingono le famiglie a separarsi e a imparare a convivere col peso di un silenzio assordante: ultima rocca di una civiltà che ha tentato di mettere radici nelle viscere di una Terra troppo orgogliosa e sfuggente per lasciarsi sconfiggere, Casa Weston diventa il palcoscenico, diroccato e scricchiolante quanto i legami incastrati a forza entro meri vincoli di sangue, del dramma di una Famiglia con un tale fardello di segreti e bugie da far invidia ai più imbattibili classici del genere.

A fare la differenza è il matrimonio fra Teatro e Cinema, spesso osteggiato dai sostenitori delle rispettive fazioni per le più nobili ragioni (soprattutto, il rischio di realizzare teatro filmato e poco altro) e che qui si rivela inaspettatamente ben riuscito, riuscendo ad assecondare le personalissime esigenze degli sposi perchè possano trarre il meglio l’uno dall’altro; già ferocissima sulla carta, la Penna di Tracy Letts taglia uno script in tutto e per tutto fedele all’opera originale che assegna al personaggio di Violet, sopraffatto da un istinto di conservazione degno delle assolate distese dell’Oklahoma, il ruolo di spietato narratore onnisciente; braccio armato di Letts, la Matriarca innesca il dramma senza risparmiare nulla ai membri del Clan, protagonisti inconsapevoli di una tragedia greca che si traveste da commedia nera per sferrare le sue stilettate di crudeltà con maggiore soddisfazione e compiacimento.

È sufficiente la raffinatissima orchestrazione del pranzo di famiglia, coro surreale dove gli astanti passano dal conversare civilmente all’azzannarsi a vicenda nel giro di una manciata di battute, per capire che non c’è pietà per i protagonisti di August: Osage County, raggirati a più riprese da una raffica di colpi di scena che porta alla luce con sorriso beffardo tutto il marciume dal quale stavano disperatamente tentando di ripulirsi: morta ogni speranza di riconciliazione, l’unico modo per sfuggire all’aridità degli affetti e ritrovare una brezza fresca è salire in macchina e partire, tagliando il cordone ombelicale per non fare finalmente più ritorno.

In una storia dove sono le donne a dettare le regole e gli uomini si dimostrano fragili, deboli e schivi, è una gioia assistere al duello senza esclusione di colpi fra Meryl Streep e Julia Roberts: nel ruolo di una donna tossica, egoista e pur degna della nostra compassione, la Streep si dimostra ancora una volta ( e siamo davvero stanchi di dirlo) magistrale, ma a trionfare e a rubarle la scena è comunque la Barbara di una Julia Roberts che con aria sfiorita, look trasandato e un durezza di carattere pericolosamente simile a quella della sua madre fittizia riesce ad essere tanto bella quanto grandiosa.

Difficile esprimere preferenze sul cast di caratteristi, tutti perfetti nel riuscire a restituire dignità e spessore ai loro personaggi a dispetto del poco screen time a disposizione; in un film dove il cinismo è dilagante e le lacrime lasciano il posto a un senso di vuoto non indifferente a catturare le nostre simpatie sono però soprattutto le poche anime gentili presenti sullo scena, ben rappresentate dal generoso e commovente Charlie Aiken di Chris Cooper e dai “cugini ” Julianne Nicholson e Benedict Cumberbatch, talmente teneri nei ruoli di Ivy e Little Charles da imporci di difendere la loro causa a qualunque costo.

Se la colonna sonora alterna chicche fantastiche come Last Mile Home dei Kings of Leon alle note malinconiche e tutt’altro che liberatorie di Gustavo Santaloalla e Adam Taylor, la regia di John Wells si mantiene timida, cauta, quasi per non disturbare le prove degli attori e la firma inconfondibile di un testo che si basta già da sé: il regista lavora comunque molto bene sul contrasto fra esterni incontenibili e interni stantii e soffocanti, strappando alla scena teatrale inquadrature di fine dettaglio visivo come l’istantanea sbiadita sulle stanze della Vecchia Dimora di famiglia(splendida la fotografia ingiallita e polverosa di Adriano Goldman) o l’ultimo sguardo, affidato alla camera appena per istante, di un Beverly Weston non più disposto a sopportare oltre le ombre di una vita “troppo lunga”.

Dovrete passare del tempo con individui piuttosto sgradevoli e vi capiterà spesso di sentirvi feriti, impotenti e arrabbiati, ma se siete in cerca di una storia di conflitti familiari dal sapore diverso dal solito che non abbia paura di schiaffeggiare il suo pubblico con sincerità e amarezza, August: Osage County è la scelta giusta: d’altronde, se “Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”.

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