Il cammino per Santiago è uno di quei film che vanno dritti al cuore, senza parole di troppo. È un inno alla vita, in cui la sofferenza quotidiana e l’urgenza di una risposta al proprio dolore vanno a braccetto. Martin Sheen interpreta Tom, un oculista americano costretto ad andare in Francia per riconoscere la salma di suo figlio Daniel (Emilio Estevez – figlio dello stesso Sheen), sorpreso da una violenta tempesta lungo il cammino di Santiago de Compostela, meta di pellegrini da oltre 1000 anni. Una volta cremato il corpo del figlio, Tom decide di intraprendere quello stesso viaggio che conduce alla chiesa in cui sono sepolte le spoglie dell’apostolo di Gesù, San Giacomo, portando con sé lo zaino di Daniel e le sue ceneri. Così Tom, pur non essendo credente, si avvia lungo il cammino iniziato, e mai finito, da Daniel, per “elaborare” la morte improvvisa del figlio. Un cammino che lo porterà a una scoperta più profonda di se stesso e ad abbracciare la realtà, seppur drammatica, nella certezza di un destino buono.
A compiere questo percorso insieme a Tom sono altri tre pellegrini, ciascuno con un passato difficile alle spalle. Personaggi scomodi, a volte, ma misteriosamente essenziali per il compimento finale del cammino. Forse Tom non li avrebbe scelti, ma, come Daniel non perdeva mai l’occasione di ricordargli, «la vita non si sceglie. Si vive!». Proprio come per i compagni di viaggio.
Ad accompagnarci sono anche i paesaggi mozzafiato che si snodano lungo il tragitto, dai primi albori del mattino, agli squarci infuocati del tramonto: dalla cittadina francese St. Jean de Port, alle montagne dei Pirenei, fino ai territori bucolici della Spagna.
Un viaggio all’insegna della natura che compone un ritratto fedele della strada percorsa dai viandanti. Non per niente gli eventi del film sono ispirati a fatti realmente accaduti. Una scelta che influisce profondamente anche sui dialoghi tra i protagonisti, mai banali e privi di retorica, immergendo lo spettatore in questa esperienza di raccoglimento, dove anche la fatica non si pone come un’obiezione al cammino.
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Mi piace:
La commovente performance di Martin Sheen, la cura della colonna sonora e l’approccio asciutto a un tema drammatico come la ricerca di un senso alla morte di un figlio.
Non mi piace:
Qualche sequenza non si amalgama a dovere con la narrazione generale, finendo per apparire come una piccola sottotrama.
Consigliato a chi:
A chi è curioso di scoprire come un dramma lacerante possa diventare misteriosamente l’occasione per ritrovare se stessi.
Voto:
5/5