E’ necessaria una premessa: lo stile personale di Nolan rende ogni suo film, ovviamente, un film alla Nolan; che questo stile piaccia o no è irrilevante, Nolan ha una visione ed un’ impostazione cinematografica molto personale, visivamente spesso indirizzata verso un realismo il più totale possibile, anche se il genere in cui si cimenta non lo impone; per riassumerla brevemente con una frase, se non piace lo stile di Nolan basta non andare a vedere i film di Nolan.
Occorre però un’ altra premessa, non meno importante: è vero che Nolan è Nolan ma è altrettanto vero che Batman è Batman; nel senso che Batman è se stesso da quando, da oltre mezzo secolo, centinaia di autori ne hanno alimentato il mito arricchendo costantemente la mitologia del personaggio cercando di mantenere sempre alto il livello qualitativo delle storie e, per quanto possibile, tenendo sempre conto degli eventi passati per non tradirne la natura; in sostanza Batman era Batman ancora prima di Nolan, Batman era già un mito ancora prima che lo prendesse in mano Nolan.
Perchè in fondo questo The Dark Knight Rises è un buon film ma niente di più; la sensazione che si avverte nel corso della proiezione è che il buon Nolan, che ancora una volta dimostra chiaramente di avere scarsa conoscenza del Batman cartaceo (da cui attinge qua e la giusto per rappresentazione estetica di alcune scene), abbia cercato di dare al suo ultimo lavoro un’ impronta talmente personale da risultare, in molti passaggi, davvero poco credibile ed abbia provato a spingersi ancora di più oltre i limiti, non solo del cinecomic ma di un vero e proprio prodotto di genere, nel tentativo di rendere questo film il capolavoro epico definitivo (non si può certo biasimarlo) ma finendo, purtroppo, per incappare in un mezzo fallimento. Il problema di questo film è proprio questo, il fatto che il regista abbia voluto esagerare con tutti gli elementi messi a disposizione da una sceneggiatura sicuramente meno accurata rispetto alla media (il demerito va diviso equamente anche con Goyer, uno degli sceneggiatori di Holliwood talvolta troppo sopravvalutati) finendo per prendersi troppe licenze nei confronti di storia e personaggi e, che piaccia o no sentirlo dire, arrivando a tradirne l’ essenza stessa.
Non un film DI Batman, nemmeno un film SU Batman, semplicemente un lungometraggio in cui c’è Batman, senza dubbio una grave nota dolente se si pensa che il protagonista è davvero poco presente nella vicenda e tutta una pluralità di personaggi comprimari come il poliziotto Blake di Gordon-Levitt arrivano spesso ad avere più spazio ed essere perfino più presenti nelle scene nevralgiche del lungometraggio rispetto alla figura centrale; troppe cose non funzionano come dovrebbero: imbarazzante dal punto di vista tecnico la sequenza iniziale, che ha l’ onere di fare entrare scena in un modo un po’ troppo forzato il nerboruto Bane; non è convincente che, dalla morte di Dent (alimentata da Gordon dalla menzogna che cela suoi delitti nei panni di Duefacce) che concludeva il precedente capitolo, Gotham, che è la città marcia per eccellenza, viva da otto anni un’ utopia nella quale non si sono più verificati crimini di nessun genere; resta, peraltro, da capire come possano un pugno di mercenari ed un dopato con maschera antigas e gilet antiproiettile a prendere in ostaggio il palazzo delle contrattazioni mobiliari che, di norma, è una delle strutture meglio controllate di ogni città; inspiegabile il motivo per cui, per l’ ennesima volta, il fulcro della vicenda diventa la solita fonte di energia pulita e sostenibile la quale, manco a dirlo, è alimentata da un nucleo che se separato diventa la solita minaccia nucleare; fastidioso che, ancora una volta, Gotham non rappresenti il valore aggiunto del film e non appaia viva, come quella cartacea, diventando il primo alleato del cavaliere oscuro, riciclata invece come teatro di guerra personale di Bane a cui Nolan, come a voler creare la sua versione della saga No man’s land, concede di farne saltare in aria mezza (nell’ ennesima sequenza visivamente da dimenticare) per poi assumerne il controllo; le licenze di dubbio gusto che Nolan si prende sono tante, a partire dal villain: possibile che Bane non possa fare quello che deve fare senza parlare troppo? cioè, lui è il nemico numero uno o un docente di teologia? per quale motivo dopo ogni entrata in scena deve perdere così tanto tempo a motivare le sue ragioni continuando a proferire a raffica frasi tipiche dei supervillain degli anni ’70-’80? e perchè le scene di scontro fisico in Batman Begins erano magistralmente coreografate e l’ eroe si muoveva proprio come un ninja (come del resto Ra’s Al Ghul l’ aveva istruito) mentre negli scontri con Bane i due si muovono quasi al rallentatore, lenti e macchinosi? senza quella dinamicità che ha contraddistinto le sequenze di combattimento di questi ultimi anni è inevitabile percepire un passo indietro anche da questo punto di vista; bisognerebbe anche capire per quale motivo Black Gate, la prigione più pericolosa della città, sia ubicata proprio in pieno centro urbano e come mai, una volta liberati, anzichè scatenarsi in scriteriata violenza urbana, i detenuti escano in parata dal cancello divelto innalzando in sincronia la loro arma e si sottomettano ai ranghi di Bane senza batter ciglio…e dove sta l’ esercito americano? Possibile che sia ritenuto credibile che nel momento in cui un pazzo maniaco trasforma la città nel suo parco giochi, le forze armate americane, a cui tanto piace spostare contingenti armati, se ne stiano con le mani in mano a guardare solo perché il pazzo di turno minaccia un’ esplosione atomica che comunque avverrebbe 5 mesi più tardi!?
Da sottolinerare anche quanto il regista imponga allo spettatore la presenza del villain rispetto a quella del protagonista che, come detto, si intravede ogni tanto perfino nel momento topico del film, ossia quando “risorge” e ricomincia ad allenarsi per guarire dalla menomazione e scappare dal buco in cui è imprigionato; e proprio questo è un altro elemento in cui Nolan insiste e forza la mano, talmente tanto ed in modo così personale da risultare, nell’ epilogo, quasi privo di senso; perchè se già era poco credibile che un uomo pestato a morte possa diventare un muscolosissimo killer super addestrato solo grazie agli antidolorifici, ancora meno plausibile è il fatto che (SPOILER) una bambina di dodici anni riesca ad evadere dall’ unica prigione del mondo senza sorveglianza militare riuscendo dove molti prima di lei hanno fallito solo perchè, come viene insistentemente ricordato, lei era pura ed innocente.
Il realismo di Nolan troppo spesso viene meno in questo film, e forse non è sempre un male perchè sono proprio le scene più sopra le righe a salvare la baracca come le spettacolari evoluzioni del batwing tra i grattacieli di Gotham o le scene di azione corale che impegnano Batman e Catwoman; e se fin’ ora non ho ancora accennato al personaggio della Hataway è proprio perchè di fatto è la figura meglio costruita e più credibile di tutto il film dato che viene resa meno personale da Nolan e più simile alle figure della solita graphic novel year one ma con molti spunti tratti anche della when in rome di Loeb e Sale.
Peccato, comunque, peccato davvero perchè la carne al fuoco era davvero tanta ma per qualche motivo l’ ingranaggio si è rotto (o forse solo bloccato) ed il fatto che Nolan voglia concludere qui la saga non depone certo a suo favore perchè, sicuramente, con un quarto capitolo avrebbe potuto continuare ad alimentare una mitologia che ha raggiunto picchi davvero elevati; invece da ora in poi si dovrà continuare a fare i conti con un prodotto finale che non potrà non far pensare a come sarebbe potuto essere con scelte narrative meno personali e più funzionali rispetto al genere.