Il gioiellino: la recensione di Nerofrank
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Il gioiellino: la recensione di Nerofrank

Il gioiellino: la recensione di Nerofrank

E’ proprio vero, quando noi italiani ci mettiamo in testa di fare le cose per bene, non ci batte nessuno. Questo regista mi è piaciuto dal suo primo film, ‘La Ragazza del Lago’ e con questo ‘Il Gioiellino’ non si smentisce. Così come il bravissimo, ma come lui dovrei dire di tutti gli altri attori che formano il cast, Toni Servillo; dopo ‘Gomorra’ e ‘Il Divo’ si riconferma adattissimo a questo nuovo ruolo. La storia finanziaria del nostro paese presenta molti punti oscuri, sin troppi, e chi ci scapita sono come sempre i piccoli risparmiatori, le personi comuni cioè che decidono di investire quel poco che hanno dei loro risparmi, accumulati con estrema fatica, per ritrovarsi poi, alla fine, con un niente di fatto in mano per colpa di persone ciniche e senza scrupoli. Ne è stato un caso il ‘crack Parmalat’, del quale in questo film i riferimenti sono chiarissimi. Ma non è stata questa l’intenzione del regista anzi, direi che è stata solo la scusa per mostrare quello che succede, all’interno di una azienda agroalimentare come in questo caso, fra i dirigenti, i direttori del marketing e gli amministratori. Cosa li porta ad inventarsi i soldi che non ci sono, a mascherare i bilanci a comportarsi cioè come il presidente Amanzio Rastelli (interpretato da un ottimo remo Girone) e il suo fido ragioniere Ernesto Botta (Toni Servillo sempre in gran forma). Il rpimo è un illuso presidente che si riempie la bocca di principi, che custodisce gelosamente nel suo ufficio la targa del ‘Salumificio Rastelli’ apparternuta a suo nonno. Per far capire ai giovani, soprattutto al nuovo direttore del marketing, di come si possa arrivare sin dove è arrivato lui solo…con i principi. Un uomo però che non ragiona, che non capisce quando è il momento di lasciar perdere, di pensare al futuro, al cambiamento. La guerra è finita e nella società odierna le quote latte danno un bassissimo profitto, quasi nullo. E il suo CdA che glielo ripete costantemente lo trova ‘sordo’ e fuori controllo quando si tocca il suo cinquantun percento di quota della società. E allora via, ad investire all’est dove tutto può funzonare fuorchè il latte e i suoi derivati. La testardaggine però non diminuisce, il debito sì. Ed è qui che entra in scena ernestino Botta, come lo chiama lui: pratico, calcolatore, abile e freddo allo stesso tempo. Maschilista fino all’inverosimile e critico contro lo spreco di denaro (la squadra di calcio con il bomber che non vale una cicca, per non dire peggio, la bocca spalancata di fronte al bolide nuovo di zecca comprato dal figlio scellerato di Rastelli). La sua vita è anonima: poco più di duecento passi dal posto di lavoro a casa sua, un bicchier di vino prodotto dal suo vitigno e musica nello stereo (dagli ABBA in poi). Incapace di monatre una semplice scaffalatura ma abilissimo nel far tornare i conti, di trattare male le persone intorno a lui (italiani o stranieri)persino la nipote dello stesso Rastelli, anche se si rivela essere una brava alleata nel portare a termine transazioni finanziarie come quella con i banchieri americani. La storia scivola nella sua patetica e inevitabile conclusione: i soldi non ci sono,anche se li inventano, non ci sono. Botta è caparbio fino alla fine (la battuta finale quando si trova in manette davanti ai giornalisti è un piccolo capolavoro), Rastelli non si sveglia dal suo sogno fino a quando non si ritrova la realtà sbattuta in faccia, e anche lì trova la scappatoia giusta fuggendo all’est, in quel paradiso nel quale è difficile entrare ma da cui è impossibile uscirne. E gli onesti? Ci sono in questo film? Ma certo, ma più che onesti dovremmo parlare di giovani illusi, che fino alla fine hanno cercato di non credere a quello che vedevano ma che alla fine, prima di subire la vergogna delle manette, preferiscono gettarsi da un ponte. E alla fine? Cosa rimane alla fine? Niente, c’è chi è morto suicida, chi è stato arrestato e chi è caduto in piedi (come sempre, come nella migliore tradizione del nostro paese) e agli allevatori, che buttavano latte gridando ‘ladri!!’ ai loro compratori, ai risparmiatori che si sono visti spazzare via i pochi, miserabili euro guadagnati, cosa rimane? Ma certo, la frase detta alla fine del film da uno dei dirigenti della ‘Leda’, l’azienda agroalimentare protagonista del film, il ‘gioiellino’ cioè, ‘certo, sono stati degli anni bellissimi in fondo’……

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