Il grande Gatsby: la recensione di pietro@civera.it
telegram

Il grande Gatsby: la recensione di pietro@civera.it

Il grande Gatsby: la recensione di pietro@civera.it

VOTO: Magico, patinato e laccato come una leccata di mucca

Uno dei momenti più importanti per il cinema mondiale è rappresentato dal Festival di Cannes e, mentre scrivo, ci troviamo nel pieno dello svolgimento.
Sulla croisette sfilano celebrità e registi di Hollywood come non se ne vedono in altre manifestazioni europee, pronti ad essere giudicati in quest’anno 2013 dal presidente di giuria, Mr. Jurassic Park Steven Spielberg. Purtroppo non ho ancora avuto la possibilità di recarmi nel cuore della Costa Azzurra per godere in anteprima delle pellicole in concorso, ma seguo il festival da lontano. Ci sono stato in realtà, ma ad un after party in cui Dita Von Teese si spogliava in mezzo a dancefloor, e alcuni attoruncoli italiani uscivano dai bagni con le pupille talmente dilatate da fare una pippa al gremlin Gizmo, ci dobbiamo sempre far riconoscere. Quella sera rimasi per almeno 20 minuti a chiedermi come facesse Natalie Portman a stare con il cantante folk Devendra Banhart, ma è alcol…acqua passata e non credo che la serata sia valida come partecipazione al festival. Tutte le più prestigiose testate di cinema dedicano pagine e pagine con approfondimenti e totoscommesse sui vincitori, ma poi gran parte dei film in concorso, compresi quelli vincitori, si perdono per strada nella lentezza della distribuzione italiana.
Quest’anno lascia ben sperare il fatto che lungometraggi come La Grande Bellezza di Sorrentino, Only God Forgives della coppia Gosling/Refn e, seppur fuori concorso, Il Grande Gatsby di Luhrmann, siano nelle nostre sale praticamente in contemporanea.
Proprio il film tratto dal romanzo di Fitzgerald (no, non l’ho letto, anche se mi sarebbe piaciuto solo per menarmela come fanno quelli che ti dicono a priori: “comunque è molto meglio il libro”) ritorna al cinema dopo quasi 40 anni con una versione tutta nuova. Anche senza sapere nulla de Il Grande Gatsby, bastano pochi minuti per accorgersi che la regia è stata affidata al visionario Baz Luhrmann, regista australiano che fa della direzione un’opera d’arte. Immagini e colori che solo lui può creare (ne sono la dimostrazione i suoi Romeo + Giulietta di William Shakespeare e Moulin Rouge, di cui Il Grande Gatsby può essere consierato come terza parte di una trilogia). Dopo il musical Australia del 2008, Baz si è preso una pausa per dedicarsi ad una serie di cortometraggi, poi, pur non avendone notizie certe, dovrebbe essere tornato a farsi di roba buona, e il risultato si vede.
La storia è ambientata in una New York del 1922, siamo in piena età dell’oro, quando i primi afroamericani iniziavano a migrare verso nord ed il charleston veniva ballato sulle note del jazz. Nick Carraway (un Toby Maguire che finalmente potrebbe smacchiarsi da dosso “l’amichevole Spiderman di quartiere”), è la voce narrante della storia. Appena trasferitosi a Long Island, Nick scopre che nella villa delle meraviglie a fianco alla sua catapecchia, abita il milionario Gatsby (Leonardo di Caprio – Romeo + Giulietta di William Shakespeare, Titanic), un uomo misterioso e difficile da incontrare come un milanese a Milano, ma solito dare feste incredibili e memorabili ogni week end (una specie di “Arcore” elevata al cubo). Nick viene a conoscenza di un passato intercorso tra la sua bella cugina Daisy Buchanan (Carey Mulligan – Drive, Wall Street: il denaro non dorma mai), sposata con l’ex giocatore di polo Tom (Joel Edgerton – Warrior, Zero Dark Thirty), e Gatsby, prestandosi ad organizzare un incontro tra i due.
Il Grande Gatsby è un film drammatico che ci porta alla scoperta di chi si nasconde dietro alla complessa figura del protagonista ma soprattutto è una storia d’amore, un amore impossibile, come nella migliore tradizione dei film di Luhrmann. Non ho percepito la stessa intensità amorosa che c’è tra Christian e Satin nonostante le similitudini con Moulin Rouge siano molte, ma qualche brivido percorre ugualmente la colonna vertebrale, complice una colonna sonora stupefacente (mai sostantivo fu più azzeccato) curata interamente da Jay Z, in forte contrasto con le immagini dell’epoca, ma perfetta per alleggerire la pellicola (se poi ci mettiamo che la scelta è ricaduta anche su quella tristona perennemente depressa di Lana Del Rey, l’effetto cipolla sotto gli occhi è dietro l’angolo. Dammi una lametta che mi taglio le vene pomporopopo ecc..).
Di Caprio, fighissimo nei panni (tanto per cambiare) di un personaggio complesso psicologicamente, dimostra nuovamente di essere un interprete sensazionale e sono sicuro che appena all’Academy passerà l’incazzatura per non averlo visto buttare giù dalla porta galleggiante quella budrona di Rose, sarà pronto a ricevere una statuetta.
La trama non è certamente il punto di forza de Il Grande Gatsby, nonostante io abbia particolarmente apprezzato il fatto che per una volta si parli della “dolce vita” degli anni 20 americani e non dei soliti gangster violenti con il gessato di otto taglie più grande. Le sequenze in rapida successione rendono il film piacevole da seguire. Il vero valore aggiunto è dato dall’arte e la creatività visiva con cui Baz Luhrmann confeziona un amore drammatico. Tutti i fotogrammi, presi singolarmente, potrebbero diventare un quadro kitsch di David LaChapelle (meno male senza i capezzoloni di Pamela Anderson in primo piano), o per essere più chiari (della serie “parla come magni”) Il Grande Gatsby potrebbe essere la prima pellicola girata con i filtri di Instagram, coloratissimo, saturatissimo, pettinatissimo issimo issimo.
L’intrattenimento visivo è ciò che impreziosisce il film, più del contrasto tra antico e moderno che Baz inserisce nei suoi film (bastano due macarons e una bottiglia di Moet, ed è gia subito contemporaneità).
Meravigliosi i costumi, curati nei minimi dettagli (devo trovare il modo di potermi vestire come Gatsby senza sembrare un venditore di popcorn di Disneyworld) e la recitazione di tutto il cast è impeccabile, per una volta mi convince anche il 3D. A proposito di vestiti, tra gli attori compare anche Isla Fisher che, a quanto pare, ha trovato la sua dimensione nei panni di una volgarotta di periferia rispetto al ruolo di I Love Shopping (gli outfits di quel film erano agghiaccianti, senza parlare di quello stivale di Gucci rosso che tenta di accaparrarsi ad una svendita. Manco Pinina Garavaglia).
Il Grande Gatsby è uno di quei film che divide il pubblico, consigliato a chi ama una favola dai risvolti drammatici ed immagini più vicine all’arte che al cinema.

COSA HO IMPARATO (ATTENZIONE SPOILER)

-Leonardo Di Caprio ha un problema con l’acqua

-Se dai una festa aperta a tutti in casa tua, sei fortunato a ritrovare ancora le mura (solo perché sono difficili da portare via)

-Belli i tempi in cui ci si trovava sull’elenco

-I super ricchi nascondono sempre un segreto

-Se una donna avesse un libro pieno di ritagli di mie foto e lettere, sarei un pelino inquietato

-Donne e motori, gioie e dolori

© RIPRODUZIONE RISERVATA