Il grande match: la recensione di Giorgio Viaro
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Il grande match: la recensione di Giorgio Viaro

Il grande match: la recensione di Giorgio Viaro

Il grande match potrebbe passare alla storia almeno per una ragione: inaugura l’era del crossover cinematografico puro (CCP). Nel senso che ad essere “crossoverizzate” sono icone cinematografiche native, non prese da altri media, tipo il fumetto o i videogiochi. Per quanto il film possa infatti essere rivenduto un po’ cammuffato – è la solita storia d’amore tormentata + il solito conto in sospeso da saldare + il solito bambino buffo (qui preferito all’equivalente “cane buffo”) – si tratta pur sempre di vedere su grande schermo Stallone e De Niro che si pestano, cioè – ed è qui la differenza che definisce il film – Rocky e Toro Scatenato. Non è nemmeno molto importante che il pugile di De Niro si rifacesse ad un personaggio reale: oggi a stento il pubblico si ricorda di Toro Scatenato, figuriamoci di Jack La Motta. Il salto è interessante: un domani potrebbe toccare, che ne so, a un melodramma matematico con punte di sarcasmo che abbia come protagonisti Jeff Goldblum e Russel Crowe – cioè una riedizione del Prof. Ian Malcolm di Jurassic Park e di John Nash di A Beautiful Mind (anche in questo caso un personaggio storico e uno di finzione).

L’intenzione di fare un CCP è, va sottolineato, esplicita, altrimenti la scena nella cella frigorifera, con Stallone che ha la tentazione di prendere a pugni un quarto di bue (“Mi sembrava di doverlo fare” ! ) e Alan Arkin che gli dice che sono lì per comprare il pranzo e non per allenarsi, non avrebbe alcun senso. Qualcuno potrebbe obiettare che anche Sfida senza regole (con Pacino e De Niro) ed Escape Plan (con Stallone e Schwarzenegger) sono CCP, e che il padre di tutti i CCP è I Mercenari. Ma in nessuno di questi casi la corrispondenza tra star e icona cinematografica è tanto precisa e, appunto, esplicita (vedi anche le “foto d’epoca” che appaiono spesso su comodini e credenze). Fin dal titolo, che richiama quella famosa serie con i pupazzi di plastilina che andava in onda qualche anno fa su MTV: Celebrity Deathmatch.
Il problema, con questi film, è capire se stiamo parlando di omaggio o parodia, ovvero se quelle a cui assistiamo sono citazioni o caricature. Per esempio: Bullet to the Head è un omaggio, Escape Plan una parodia (inconsapevole, temo). Il primo I Mercenari un omaggio, il secondo una parodia (consapevole).

Il grande match, fortunatamente, è una via di mezzo. Nel senso che l’effetto comico è costruito in parte sull’età dei personaggi (che fra l’altro hanno quasi dieci anni in meno dei loro interpreti: 60 contro 67 Stallone, 60 contro 70 De Niro) e il loro naturale decadimento fisico, e in parte sulla vera e propria caricatura delle icone di riferimento, ma con una buona misura (la scena in cui Stallone tracanna un bicchiere pieno di rossi d’uova ci ha fatto morire dal ridere). Oltre a tutta una serie di clichè da commedia commerciale che potreste trovare ovunque, dall’anziano arzillo e sboccato (Alan Arkin ha addirittura lo stesso identico ruolo che aveva in Uomini di parola), al bambino tenero e sapientone.
Quindi, se riuscite a sopportare il lunghissimo incontro finale – di una serietà mortale e stravista -, e il volto “immortalato” dalla chirurgia estetica di Kim Basinger, per i primi sessanta minuti potreste divertirvi.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
Alcune gag vanno a segno e strappano sonore risate. Il film ha comunque una buona tenuta narrativa: la storia fila

Non mi piace
Questo filone di film nostalgia sembra sempre agli sgoccioli: manca di sostanza e – ovviamente – di futuro

Consigliato a chi
Ama Stallone in versione commediante e adora le rimpatriate

Voto: 3/5

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