È un film di grandi attori Il lato positivo, che non a caso si è guadagnato una nomination agli Oscar in ciascuna delle categorie dedicate agli interpreti. Tra i quali è emerso il talento di Jennifer Lawrence, premiata come Migliore attrice protagonista.
L’alchimia tra Tiffany e Pat, i due personaggi principali (accanto alla 22enne c’è un sorprendente Bradley Cooper), d’altra parte, è tanto potente da far chiudere volentieri un occhio su qualche piccola ingenuità di scrittura e regia di questa commedia romantica, venata di toni drammatici e atmosfere malinconiche. Una dramedy a pieno titolo, che ruota attorno alle (dis)avventure di due persone affette da disturbi mentali (aperti al prossimo, nonostante le difficoltà) e che si inserisce in una tendenza sempre più radicata negli Usa (da 50 e 50 a The Sessions), ultimamente sbarcata con successo anche in Europa, come dimostra il film-caso 2012 Quasi amici.
Il lato positivo, tuttavia, porta con sé una ventata di freschezza con una doppia scommessa, che poi è anche il fil rouge del racconto. I due eroi sono persone comunissime, intrappolate in drammi dolorosi ma ordinari, tipici dei tempi moderni (una moglie fedifraga l’uno e un marito precocemente deceduto l’altra), che hanno avuto reazioni extraordinarie, finendo in cura sotto psicofarmaci. Entrambi più che consapevoli della propria instabilità, dipingono sul grande schermo un quadro realistico di due nevrotici. Grazie a dialoghi pungenti dal tono surreale, e tuttavia verosimili, come le circostanze entro le quali si realizzano. A cominciare dal patto di mutuo soccorso che li unisce: lui sarà per lei il partnere in una gara di ballo, mentre lei lo aiuterà a riconquistare la moglie. E che coinvolgerà anche i loro famigliari, pronti a puntare tutto (in senso letterale) sulla riuscita dell’impresa apparentemente senza speranze dei ragazzi. Che nella danza si tufferanno senza filtri, fino a innamorarsi.
Fin dal loro primo incontro, Pat e Tiffany “si corteggiano” elencando ogni sorta di farmaco, dosaggio ed effetto collaterale, come se stessero discutendo del meteo o della spesa nel proprio supermercato di fiducia. Le loro affermazioni sono così dirette e spiazzanti da provocare un grottesco meccanismo comico. Che il regista/sceneggiatore David O. Russell (The Fighter) riesce a mantenere in equilibrio per gran parte del film, dosando lacrime, stupore, risate e immedesimazione, ad eccezione di incipit ed epilogo. Emotivamente troppo drammatico il primo per sposarsi con un lieto fine un po’ troppo sdolcinato e sbrigativo, stemperato però dalla cruciale, scatenata e catartica prova di ballo.
Il film funziona alla perfezione finché la malattia mentale rimane in contesti quotidiani e senza filtri, finché mostra (con uno sguardo delicato sufficiente a non turbare, ma acuto quanto basta a comprendere) il dramma in cui può precipitare una banale discussione in famiglia, quando gli interlocutori sono un anziano senza lavoro (un ispirato Robert De Niro nei panni di Pat senior) e il figlio violento e labile. Senza indorare la pillola. Fino a quando per tutti questi antieroi arriva l’agognato riscatto o una seconda possibilità.
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Mi piace
Lo strepitoso cast. La scelta vincente di aver inserito la malattia mentale in contesti assolutamente quotidiani.
Non mi piace
Il lieto fine prevedibile, sdolcinato e sbrigativo.
Consigliato a chi
Ama le commedie romantiche, i drammi a lieto fine, i dialoghi pungenti, gli eroi borderline.
Voto
4/5