Contagiosamente sommesso ed emozionante, un “unfeel-good-movie alla francese con qualche venatur’amara” (Nepoti). “Evitate le temute lacrime e, ancor meglio, la banalità d’una love story tra i due magnifici protagonisti” (Bertarelli). Rovinose le due scene conclusive (il rito yoga del sorriso e il “sol dell’avvenir”) che compromettono il nitor’estetico ed etico fin lì espresso. D’antologia il monologo prefinale sugl’orrori della natura ch’i medici possono sol’arginare.
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