Il racconto dei racconti: la recensione di paulinho
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Il racconto dei racconti: la recensione di paulinho

Il racconto dei racconti: la recensione di paulinho

Tratto dalla raccolta di fiabe dello scrittore napoletano Giambattista Basile “Lo cunto de li cunti”, o “Pentamerone”, l’ultimo film di Matteo Garrone è una dichiarazione d’amore per l’arte della narrazione.
Non è un’operazione semplice parlare dell’ultimo lavoro del regista di “Gomorra”. Prima di tutto perché l’opera da cui è tratto è di una complessità inaudita e non aiuta il fatto che sia sconosciuta ai più. Una sola visione non sarà sufficiente infatti per poter comprendere tutti i vari simbolismi e rimandi contenuti in essa. Inoltre non è sempre chiara la direzione intrapresa dal regista romano: a livello di trama le tre fiabe raccontate sono lineari e semplici da seguire, ma Garrone le racconta giocando con l’ordine dei tre diversi piani temporali, nonostante le vicende siano apparentemente slegate tra di loro. In realtà il film presenta una coesione spazio-temporale di tutte e tre le vicende solamente nella scena d’apertura e in quella di chiusura del film. Così da aprire e chiudere il cerchio. Da lì le tre vicende vengono presentate allo spettatore in base alle loro ripercussioni emotive sui protagonisti.
Appare chiaro infatti come siano i desideri ancestrali dell’uomo a guidarlo nelle sue scelte. La struttura della fiaba è da sempre quella più utilizzata per parlare delle debolezze umane proprio per la loro natura popolare. Ma questa affermazione va messa in discussione dato che l’opera originaria di Basile era stata concepita come puro intrattenimento per la corte.
La complessità strutturale dell’opera di Basile è dovuta proprio al fatto di essere stata concepita per essere usufruita esclusivamente da un pubblico colto. Garrone non tradisce l’intenzione del poeta e realizza un fantasy d’autore che non cerca di venire incontro al pubblico. I tempi sono lenti e dilatati, la ricercatezza nelle inquadrature è quasi maniacale, pochi dialoghi e molti silenzi. Inoltre lungo tutto l’arco narrativo il regista accompagna i personaggi dalla loro normale straordinarietà sempre più verso una normalità dove il fantastico va scemando.
Il comparto tecnico è impeccabile, anche se la magnificenza nel fantasy di Garrone non sta negli effetti speciali deliziosamente artigianali, ma nelle inquadrature di ampio respiro che valorizzano il reale sul fantastico. Grande plauso al cast internazionale, su cui spiccano un grandissimo Toby Jones e la sorprendente Bebe Cave, vista di sfuggita in un ruolo minore negli ultimi “Harry Potter”. Infine da applausi la colonna sonora di Alexandre Desplat e il modo in cui il regista la modella con estrema precisione sulle singole inquadrature di ogni scena.
La scommessa di Garrone può dirsi vinta sotto tutti i punti di vista. Il risultato è un fantasy primitivo nei toni e nello stile, che pur nel suo essere barocco riesce a mantenere eleganza. Non disdegna nudità e violenza, ma oltre a essere poco presenti, lo sono solo quando necessari al racconto. Perché in fin dei conti, il motivo principale di Garrone, che dovrebbe essere lo stesso per tutti i registi, è quello di raccontare una storia. E qui ne abbiamo tre, tutte e tre molto belle.

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