Ci risiamo: giovane seminarista scettico e gravido di dubbi arriva in Vaticano per studiare gli esorcismi. Nel suo vagare mentalmente spaccandosi il cervello alla ricerca di un’ipotesi logica per qualcosa di esoterico, s’imbatte in Padre Lucas, sacerdote sveglio, pratico, poco incline a parole dogmatiche o modi santi. La male assortita coppia si ritrova ad indagare su un caso di possessione che li sconvolgerà. E poi? Niente. Il resto è un deja-vù infinito che ricorda L’Esorcista, L’Esorcismo di Emily Rose, L’Ultimo esorcismo e anche un pò L’Esorciccio, con Ciccio Ingrassia, perché Il Rito si riduce ad un patetico e lunghissimo spot del sottogenere horror/possessioni senza regalare nulla di nuovo all’umanità. Un film ridicolo, eccessivamente lungo e noioso. Dirige lo svedese Mikael Hafstrom, e si vede, assembla il film come se montasse un mobile dell’Ikea. Niente sbavature, nessuna voglia di indirizzarci emotivamente per poi stupirci cambiando improvvisamente le carte in tavola, no! Tutto è già visto, come se Hafstrom ci avesse telefonato la sera prima raccontandoci il film. E così i malcapitati posseduti si contorcono, ruggiscono, parlano lingue sconosciute, sputano chiodi. Tutto in nome del denaro. Perché Hollywood ha il vizio di prendere i generi e spremerli fino al midollo, perché l’horror tira. Perché cambiano i nomi, i registi, gli interpreti, ma è sempre lo stesso, identico, film. Mi dispiace, ma per dirla alla Fantozzi: per me, Il Rito ,«è una ca..ta pazzesca! ». Da vedere solo se siete giovani seminaristi scettici. (scritto anche su CINEMATRA Blog)
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