Il segreto del suo volto: la recensione di Mauro Lanari
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Il segreto del suo volto: la recensione di Mauro Lanari

Il segreto del suo volto: la recensione di Mauro Lanari

Christian Petzold e la Hoss alla loro sesta collaborazione. “Il volto di Nelly è la metafora del popolo ebraico”. Lettura verissima che però mortifica una metafora d’ancor più ampio respiro: il massacro a cui va incontro ogni tentativo di rapporto di coppia, l’amore perduto, sfiduciato, tradito, confinato in un campo d’isolamento in cui è sterminata la propria identità come quella del partner, nessuno dei due sa più riconoscersi, si viene sfigurati e si diventa un paio d’estranei (eccellente il titolo italiano ch’argutamente allude all’ambiguità di Johnny/Joannes ben superiore a quella di Nelly). L’amica Lene, realistica, rifiuta il perdono ai suoi carnefici, resta “intrappolata fra l’impossibilità di tornare indietro e d’andare avanti” e si suicida, mentre Nelly sopravvive ad Auschwitz aggrappandosi a un sogno, un’allucinazione, un’idealizzazione psicotica del marito, colui che invece l’ha denunciata alla Gestapo e, il giorno della cattura, ha divorziato da lei. Il film si conclude con la terza via del riaderire alla verità disillusi e disincantati senza però esserne sopraffatti: la “Phoenix” che risorge dalle proprie ceneri non uguale a prima bensì con una consapevolezza nuova e una nuova identità. L’agnizione conclusiva si compie sulla canzone “Speak Low” di Kurt Weill il cui testo è un ulteriore strumento infratestuale per l’analisi del film. Film che a Petzold sfugge di mano nel gestire un binario multiplo dove la Storia non è solo la storia della Shoah e ancor meno l’aspetto metafilmico dell’hitchcockiano “Vertigo”. Il regista raffredda e intellettualizza il plot anche quando l’effetto è controproducente, e firma uno script inverosimile, pieno d’assurdità (Nelly trova Johnny al 1° colpo come se Berlino fosse la città più piccola del mondo; ma, soprattutto, possono esistere due [ex] coniugi così ingenuamente fessi?). Un’opera mancata, dunque? Semmai incompiuta, irrisolta, coi suoi vortici e vertici emozionali purtroppo discontinui.

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