Il vegetale: la recensione di ale5b
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Il vegetale: la recensione di ale5b

Il vegetale: la recensione di ale5b

Partiamo da un onesto “non sapevo cosa aspettarmi”. Fabio Rovazzi è piovuto dal cielo dello showbiz come tanti altri in questa nuova pseudogenerazione di artisti. Youtube, canzoni, video, in un attimo è arrivato il cinema. Forse la dimostrazione più lampante che oggi in Italia chiunque possa fare qualsiasi cosa.

Ci sono però un paio di elementi che meritano un’analisi più approfondita: la Disney e un investimento da 5 milioni sulla pellicola, e soprattutto Gennaro Nunziante, regista che ha fatto la fortuna di un personaggino come Checco Zalone.

Il Vegetale odora di questa contaminazione in ogni sua sequenza, solo che Rovazzi non è Zalone e qualcosa, quindi, diventa incomprensibile. Ammetto che non stiamo parlando di bruttezze, anzi. Questo improvviso lancio sul grande schermo di un piccolo (e magrissimo) individuo acqua e sapone non è nemmeno cosi stonato come si poteva immaginare. Rovazzi non è (ancora) un attore ma nemmeno una voce fuori dal coro, ce la mette tutta e a tratti può anche funzionare a dovere. Non nasconde gli evidenti limiti, ma li maschera dietro quell’espressione da “bellodènonna” sulla quale scivola via tutto. Neutrale e impassibile senza sfumature, nè carne nè pesce, nè fumo nè arrosto. Una presa di posizione da “paraculo”, che saggiamente impedisce di fargliene una colpa.

Interpreta un giovane laureato in cerca di lavoro. Volenteroso, motivato, disposto a tutto. O quasi. Inizia da un modesto volantinaggio, la fidanzata lo abbandona e il padre resta coinvolto in un incidente assieme alla sua nuova compagna; la madre è deceduta anni prima. Un caso umano, come dirà Barbara D’Urso in un cameo. Si trova quindi a dirigere l’azienda del padre, ma di fatto la farà fallire un attimo dopo perchè troppo buono per accettare i giochi burocratici. Tornato quindi all’azienda di volantinaggio, accetterà uno stage in un paesino del centro Italia con la sorellina a carico. Solo che l’incarico non era proprio quello immaginato.

Niente di nuovo sotto il sole e una sceneggiatura costruita su misura. Nessuna voglia di prendersi rischi e la dichiarata intenzione di portare il target della pellicola verso un pubblico dall’occhio leggero e dalla mente spensierata, che fanno de Il Vegetale una commedia asciutta e pulita, che si distanzia dalle grottesche commedie italiote per lo stile pastello. Una storia, non favola, dal lieto fine prevedibile, senza una stoppante moralità, che riesce a divertire senza dilungarsi inutilmente più di quei giusti 80 minuti. E che, soprattutto, lascia a Rovazzi una porta aperta.
Il classico “pensavo peggio”.

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