Con Il villaggio di cartone, Ermanno Olmi ci porta a riflettere sui temi della fede, carità e vocazione attraverso gli occhi di un vecchio prete (Michael Lonsdale). Dopo un’intera vita dedicata alla parrocchia, la sua chiesa viene dismessa e svuotata di tutti gli oggetti sacri. Per il parroco è uno shock tremendo e inizia a chiedersi che senso abbia ora la sua vita. Ma è proprio questo dolore che lo porta a scoprire una coscienza nuova della fede e a disfarsi di tutti quegli orpelli inutili che rischiano di essere un ostacolo se vissuti come “idoli” fine a se stessi. A sconvolgere la sua vita è anche un gruppo di clandestini che si rifugia in chiesa per sfuggire alla polizia e che lui accoglie con benevolenza. I dubbi sulla vocazione, però, non abbandonano il vecchio sacerdote e si fanno ancora più forti, lasciando lo spettatore disorientato e con le sue stesse domande. Infatti la fede cattolica, vissuta attraverso le azioni e i pensieri del prete, viene ritratta come un semplice insieme di valori che non sono in grado di sostenere il peso della vita. Dalle luci agli ambienti, guardando il film sembra di essere a teatro, con la chiesa come palcoscenico e la sagrestia come dietro le quinte. Non riesce a lasciare il segno Rutger Hauer, che torna a lavorare con Ermanno Olmi 23 anni dopo La leggenda del santo bevitore, in ruolo poco incisivo e approssimativo. Nel complesso il regista non riesce a far emergere il valore della privazione delle cose superficiali in quanto manca una risposta radicale che indichi una strada chiara per cui valga la pena vivere e sacrificare la propria vita.
Mi piace
La drammatica interpretazione di Michael Lonsdale nei panni del vecchio prete.
Non mi piace
Rutger Hauer è stato poco valorizzato e in alcuni momenti il prete viene presentato come una macchietta.
Consigliato a chi
A chi ama il cinema di Ermanno Olmi.
Voto: 2/5
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