Immaturi - Il viaggio: la recensione di Gabriele Ferrari
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Immaturi – Il viaggio: la recensione di Gabriele Ferrari

Immaturi – Il viaggio: la recensione di Gabriele Ferrari

«Immaturi ha incassato 15 milioni solo al cinema. Come faccio a bissare? Ma certo, faccio un sequel!». Magari non sarà andata proprio così nella testa di Paolo Genovese, regista di una delle commedie italiane di maggior successo dello scorso anno, ma – come sempre quando un secondo capitolo arriva a così stretto giro dal primo – il sospetto della corsa all’incasso facile sorge. Nel caso di Immaturi – Il viaggio, poi, la diffidenza è doppia: raggiunta l’agognata maturità, quale altro spunto sfruttare per rimettere in pista gli eponimi protagonisti del primo film? Risposta: seguendo la strada-Muccino (Silvio), che dopo il successo di Come te nessuno mai (storie di liceali innamorati) si buttò sul romanticismo in trasferta con Che ne sarà di noi (storie di liceali innamorati in Grecia). Ecco il perché di quel sottotitolo, Il viaggio: il sequel di Immaturi racconta la tanto sospirata “vacanza post-maturità” di Francesca, Piero, Giorgio, Eleonora, Virgilio e Lorenzo (e consorti, e suoceri, e figli). Per la precisione, parliamo di una trasferta a Paros, isoletta greca paradisiaca e godereccia, popolata, sembra, solo da turiste italiane in cerca di storielle e affascinanti straniere con gli stessi intenti.

Parrebbe l’abbrivio per una versione pecoreccia e più, ehm, immatura del primo film. E invece il gruppo di splendidi quarantenni (gli stessi del primo film, a cui si aggiungono new entry più o meno significative come Gloria/Francesca Valtorta) è, appunto, un gruppo di splendidi quarantenni. Con tutte le idiosincrasie e le fissazioni di chi si sente invecchiare, tra figli in arrivo, dolorose rotture, tragedie varie (da non citare per non rovinare la sorpresa). Ma anche con la voglia di non lasciarsi (ancora) alle spalle il passato, per quanto ridicoli possano apparire, visti da fuori, degli adulti in preda alla nostalgia. Perché Immaturi – Il viaggio è soprattutto questo: un film nostalgico, più vicino a certe opere del primo Salvatores che alle sdolcinatezze alla Muccino o al brio disimpegnato dei vari Manuali d’amore. Certo non mancano momenti di sollievo, con gag e situazioni da commedia degli equivoci, né Genovese rinuncia a caricature e macchiette tipicamente italiane (si veda Luigi/Maurizio Mattioli nei panni del padre di Lorenzo/Ricky Memphis) e a una narrazione brillante – per quanto troppo spezzettata e affannata nel rincorrere i mille rivoli della vicenda. Ma c’è un filo sottile di malinconia che attraversa le quasi due ore di film – sarà merito degli infiniti tramonti greci che Genovese ci regala, forse – e che eleva Immaturi – Il viaggio sopra a tre quarti dei prodotti italiani di questi tempi. Tanto che è un peccato che non tutte le storie siano raccontate con la stessa forza (sprecata Francesca/Ambra Angiolini, per esempio) e che la regia, volutamente vintage, ogni tanto scada nel televisivo (in senso deteriore).

Ma a conti fatti sono dettagli, di quelli che si notano guardando il film con l’occhio del critico e non dello spettatore emotivamente coinvolto. E di emozioni ce ne sono, in questo sequel: vere o costruite, adulte o immature, forse un po’ buoniste in ultima analisi. Ma sincere, e tanto dovrebbe bastarvi.

Mi piace
La scrittura brillante, soprattutto nei dialoghi. Le grandi prove attoriali, in particolare di Ricky Memphis e Raoul Bova. Un sequel che non tradisce (e forse migliora) il primo capitolo.

Non mi piace
Una certa confusione nella struttura, con troppe storie e troppo spezzettate. E poi, i “buoni” conquistano la donna, i “cattivi” rimangono soli e l’amore coniugale trionfa: non sarà una conclusione un po’ troppo moralista?

Consigliato a chi
Ha apprezzato il primo capitolo, ma anche a chi non aveva amato Immaturi e vuole dare una seconda possibilità a un gruppo di personaggi che lasciano il segno.

Voto: 3/5

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