Ormai su questo ultimo capitolo dell’ eroe corazzato è stato detto quasi tutto evidenziandone pregi e difetti e portando alla luce soddisfazione o delusione; il problema vero, però, sta nell’ individuare i reali punti di forza o debolezza del lungometraggio perché, come talvolta accade, pensiamo di sapere cosa vogliamo vedere in un film e, se ciò non si verifica, non applichiamo la giusta elasticità mentale con cui potremmo, facilmente, metabolizzare una scelta registica, una diversa interpretazione, un differente contesto…
Shane Black ha preso Iron Man e lo ha distrutto, non perché sia un pessimo regista o non abbia saputo interpretare il personaggio, tutt’ altro: ha demolito la figura di Iron Man per portarla allo stadio successivo dell’ evoluzione, facendo emergere l’ uomo dentro la corazza; Tony Stark è il protagonista del film, Tony Stark è l’ eroe, ed ecco il perché di questa impostazione atipica, basata sulla distruzione e successiva ricostruzione dell’ eroe, da cui però, alla fine, emerge l’ uomo.
Ecco il perché di fronte ad un’ innovazione di questo tipo, che si discosta molto (ma nemmeno troppo) dalle storie che siamo abituati a leggere sulle pagine dei fumetti, la reazione è piuttosto amara.
Ed ecco perché iniziamo a mettere in discussione quelli che sono i reali punti di forza del film, banalizzandone con sufficienza il vero valore perché ottenebrati da pregiudizievoli ideologie di base o perché per quanto crediamo di essere estimatori e conoscitori del personaggio cartaceo forse nella nostra mente non abbiamo abbastanza materiale con cui ostentare un confronto; è il caso di Extremis, ciclo narrativo (sublime) dello scrittore Warren Ellis e del disegnatore Adi Granov (che da tre lungometraggi collabora coi Marvel studios allo sviluppo del design dell’ uomo di ferro) adattato quasi perfettamente nella pellicola, mai come prima d’ ora era successo per altri cinecomics quanto a coerenza e dettagli, eccezion fatta per qualche modifica (come il dottor Killian figura centrale tra i villain anziché morto suicida) che non va in nessun modo ad inficiare l’ ottimo lavoro di adattamento.
E’ pur vero che Iron Man 3 non è certo privo di difetti ma i momenti in cui il film soffre non sono legati alla qualità della storia o della sceneggiatura, che ormai sono diventati il capro espiatorio da bersagliare nel momento in cui la visione non ci soddisfa, piuttosto riguardano determinate scelte di regia e di interpretazione, sicuramente influenzate dall’ anima forse eccessivamente urban comedy e noir di Black che eccede con velleità da autore facendoci subire sequenze di dialogo piuttosto lunghe, momenti di umorismo nero che, per quanto spassoso, risultano troppo eccessivi alternado momenti che dovrebbero essere pura intensità diventando invece banale comicità, come Tony in preda ad attacchi di panico o la lunga (ed un po’ noiosa) parentesi con il ragazzino orfano di padre con cui si instaura il classico rapporto comico/melodrammatico.
Discorso a parte merita la figura del Mandarino, senza dubbio vera cocente delusione per i fan, una mazzata nei gioielli di famiglia quando quello che ci mostrano le immagini vorremmo che non fosse vero, ci sentiamo presi in giro, traditi, raggirati; eppure il Mandarino è ben presente nel film: la svolta introdotta da Black è rischiosa, audace, ma allo stesso tempo quasi geniale, concreta; dare l’ immagine di un nemico pubblico ai mass media mantenendo celata la vera minaccia è tematica concreta, attuale; i fan più sfegatati dovranno farsene una ragione, Aldrich Killian è il vero mandarino ed il personaggio di Ben Kingsley non è altro che una marionetta per i mass media, uno specchietto per le allodole; io stesso ho partorito una moltitudine di pensieri negativi durante la presa di coscienza di quest’ amara scoperta ma, metabolizzato il tutto, mi sono reso conto che la trovata era sensata, brillante, e il mio ego da Marvel zombie rischiava di ottenebrare l’ obiettività del mio giudizio.
Ed ecco perché ho rimesso in discussione tutte le pregiudizievoli ideologie su quanto la pellicola mi aveva mostrato, che non era certo poco: un uomo, un genio, autodefinitosi “il meccanico”, che mette a punto l’ ultima e più innovativa delle sue creazioni hi-tech, la Mark 42, armatura controllata attraverso le onde cerebrali e con l’ ausilio del fidato assistente virtuale Jarvis, in grado di raggiungerlo ed assemblarsi sul momento; innovativa ma non ancora ultimata e perfezionata, tanto che non saranno pochi i problemi “tecnici” e nel corso del lungometraggio assisteremo alla sfida di un uomo che dovrà cavarsela con indosso solo parti della stessa rimanendo scoperto, indifeso, e per la prima volta l’ eroe non sarà più corazzato, l’ uomo di ferro resterà solo uomo, umano, vulnerabile.
Un grazie, di cuore, a Shane Black perché ci regala una delle sequenze di salvataggio aereo più belle mai realizzate ed una visivamente eccellente sequenza finale sulla petroliera assolutamente da manuale in cui, come accade durante quasi tutto il film, ammiriamo Tony Stark, fulcro dell’ azione, passare da un’ armor suit all’ altra per ribadire che Tony Stark non è Iron Man ma al contrario Iron Man è Tony Stark, Tony Stark è il vero eroe.
Voto 8,5