Che la carriera di Woody Allen abbia avuto una svolta nel 1977 con l’uscita di “Io e Annie” è un fatto ormai assodato. L’artista poliedrico da lì in poi iniziò ad intendere le sue sceneggiature non solo come mezzo attraverso il quale far ridere lo spettatore, ma anche come tela sulla quale imprimere la sua personale visione della vita.
Allen nasce come comico. È il suo modo di approcciarsi alla gente e di esprimere sé stesso, ma ciò non ne determina un pensiero ottimista. È impossibile approcciarsi a una qualsiasi opera dell’autore senza pensare di doversi confrontare coi dilemmi e le ambiguità della filosofia moderna. In “Irrational Man” tutto ciò è palesemente esplicitato nella scelta di raccontare la crisi esistenziale di un professore di filosofia disilluso dall’inutilità dell’esistenza.
Il regista, da buon musicista jazz, ritma alla perfezione il film che, seppur viva quasi esclusivamente di dialoghi, non fa mai cadere l’attenzione. L’ironia dell’autore qui è ai suoi massimi livelli, di pari passo con la sua pessimistica visione della vita. Giustizia e morale, volontà e casualità… per Allen vivere bene e vivere nella società sono due cose inconciliabili e la scelta di una di esse comporterebbe comunque l’alienazione dell’uomo dalla sua essenza. Il protagonista, prendendo la direzione opposta del pensiero di Kierkegaard, vede nella scelta l’unica possibilità di miglioramento della sua vita, nonostante le conseguenze che essa possa comportare.
Allen dirige il tutto come se egli stesso fosse spettatore della messinscena da lui creata. Come in tutti i suoi film, la perfezione tecnica rimane comunque in secondo piano lasciando agli attori e alla sceneggiatura il compito, compiuto egregiamente, di reggere il film. Joaquin Phoenix e Emma Stone sono brillanti e l’alchimia tra i due eleva ulteriormente il film.
“Irrational Man” è l’ennesima prova del genio del suo autore, capace di raccontare la sua visione del mondo con un occhio leggero e divertente, senza per questo ridicolizzarne la tragicità.