Dissolto… cenere nostalgica nel Tempo… Eastwood, imbrunito pacatamente nei fantasmi d’una fugace sua “orma” della memoria, scomparì nelle autunnalità speculari a un corpo che, vago, n’è ora saggia “svagatezza”, da nottambulo e vampiro d’insonnie che “palpebran” come dolci screpolii d’intenerita anima che, di “lugubro dormirla”, sonnecchia d’ancor feroce mordenza, ed è turgida, palpabile, smaccata, marcata e mai laccata, “misterica”, ombra di stesso che, soffuso, s'”offusca” per una memoria che, etereamente folgorata nella sua infinitezza, è “laconico”, ininterrotto flusso temporale di cuori che, anche solo nel (com)baciarla per attimi o “istantanee” fulminanti, si tergeran come d’una rinascenza eterea.
Il Tempo… melodia di profumi jazz che ausculteranno altre passionalità ormonali di ciglia di fulgida decadenza già “spettrale”, d’impronte che son, prima di tutto, impressioni emozionali.
Tempo… fuggenti bagliori d’un cupo bureau, forse intimità “domestica” ch’è calor protettivo da una vita che strazia, che roteerà sempre d’ingiuste invincibilità.
Palpiti cangevoli delle vene intorbidite nell’amore, anche quand’è “pallido” nella “glacialità” d’occhi azzurri.
Come celestiale, cherubin vita “rubina” nel suo poter ambizioso, “prospettico”, avvinta all’immortale intiepidirci per addolcirla, illuminati nel buio, di levità ascese in scultoree reminescenze d’armoniose, tempestose “nuvole” dai soffici petali carezzevoli.
Come un brano personale, una storia fotografata nel lindor scolpito da chi, quell’anima, nelle sue nervature di languido crepuscolarci empatici, l’ha immersa anche nella vividezza del suo sangue…
Autunnale specchio ischeletrito di soffice, enigmatica, ombrosa, polverosa, funebre fuggevolezza torbida di un’anima che, dalla variopinta vivacità infantile d’etereo, spensierato, aureo fanciullismo, nella sua pargola innocenza, s’è ceruleamente rattrappita nella mortifera, pallida, insanabile amarezza, disillusione coriacea nel versato sangue del peccato, di se stessa torturata, da chi l’ha rabbonita nella saggia, “furba dormienza” dentro regole che lo tempravano nell’illusorietà utopica dell'”artefazione” d’un Sogno ambizioso, lo stesso che ne incenerì il volto e l’anima, a rapirlo nelle tenebre.
Ad asfissiarlo in una prigione “dorata” da lui stesso allestita con meticolosità, inappuntabile “capriccio”, anzi metodica autodistruzione da chi s’è sgretolato nella claustrofobica, desertica nerezza di quell'”incoercibile” architettura di “solida” impalcatura e di valorososissima base.
Il volto angelico di DiCaprio, quindi, invecchia a ogni “cipiglio” di quegli “impercettibili” fruscii del vento melanconico che lo carezza di gioie per indurlo nell’oscurità “omicida” d’una tentacolar tentazione, si “smalta” senza rughe fin a incanutire come una maschera levigata nell’evanescenza “bianchissima” d’una inespressività irrigidita nelle sue silenti lagrime, nel buio che vi crepita negli abissi, ove giace, forse ancora, quell’agonico furore, lamento potentissimo che però nessuno udirà, perché la grandezza è un “abominio” d’ammutolir nelle sue stesse grida. Di rabbia, è la p(l)acata crocefissione d’afflizioni viscerali da raggelar nei fantasmi imputriditi delle proprie vene.
Della propria Storia.
Il Mondo gira, sempre giostra di perpetua “luccicanza” e lucidi spasmi si dilanian, strazianti, in ferite profonde.
Quel nitido piombo che legiferava di “giustizia”, di troppa vanesia gerarchia, seppur nobile, s’è immalinconito nei gracchianti sibili, s’è “sepolcralmente” corroso, da fulgidità notturne, ora Edgar, s'”implumbea” nella sua statuaria nudità fantasmatica.
Le tue palpebre… assonnate, come quella maschera d'”avorio”, di livor in livor, s’è illividita perché accecata da troppa, troppa Luce “venerea”, sì, avvelenata nell’inestirpabile, luttuosa, madornale “delittuosità”.
Anche tu, peccatore…
Un grande uomo è svanito nel Tempo, nel vento.
Capolavoro? Il mio “Sì” vacilla perennemente indeciso e “pendente”, e temo che vacillerà ancora parecchio. Ma, non ho nessun dubbio che sia un (son)no.
No(i), cristallini e diafani, non c’assopiremo…
Una lunga “Estate e le stagioni…
E, tra un superbo DiCaprio, limpida veggenza del viaggio eastwoodiano, e grigie sfumature di mormorii eroici ch’ardono fra lagrime e “nascosti fascicoli”, propendo per un declamatorio, non persuadibile, assolutamente “udibilissimo” e indissolubile “Assoluto!”.
Estatica, pura magnificenza.
(Stefano Falotico)
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