Jane Eyre: la recensione di Silvia Urban
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Jane Eyre: la recensione di Silvia Urban

Jane Eyre: la recensione di Silvia Urban

Si potrebbe pensare all’ennesima trasposizione del romanzo di Charlotte Brontë. Eppure il film di Cary Fukunaga (all’attivo la regia del successo indie Sin nombre, inedito da noi) si allontana dai precedenti adattamenti (il più recente è quello del 1995 firmato da Franco Zeffirelli con Charlotte Gainsbourg), cogliendo appieno il gothic mood della scrittrice (e della sua poetica) e privilegiando i risvolti cupi e tormentati della storia, dell’ambientazione e dei personaggi.

Quasi fosse una dichiarazione d’intenti da parte del regista, il film si apre con il momento più buio di tutta la vicenda: la fuga di una sconvolta Jane Eyre da Thornfield Hall (leggi: dall’amore, appena conosciuto e subito negato), enorme tenuta di proprietà del misterioso Edward Rochester dove lavora come istitutrice. Fuori da quella mura trova una brughiera oscura, infestata di rumori, presagi, insidie e voci dai quali riesce a salvarsi grazie al soccorso del pastore St. John Rivers che l’accoglie in casa sua, offrendogli protezione e un impiego. Ma anche a Moor House quel sentimento che la lega indissolubilmente a Rochester continuerà a tormentarla.
Pur rimanendo aderente al testo originale (la sua è una trasposizione fin troppo fedele), il regista stravolge l’ordine cronologico della vicenda, partendo dal presente e lasciando a flashback e ricordi il compito di svelare la vita di Jane Eyre. E la sua ricchezza interiore, forgiata nel corso degli anni a suon di fatiche fisiche e morali.
Il film di Fukunaga è da una parte racconto di un amore viscerale e appassionato, sempre in bilico tra slancio e repressione, tra la volontà di viverlo appieno e l’incapacità di farlo per via di incancellabili traumi passati. Dall’altra una fedele ricostruzione di ambienti, atmosfere, costumi e dialoghi capaci di veicolare bene il soffocante rigore dell’epoca vittoriana. Ciò che accomuna i due protagonisti è proprio la lotta alla convenzioni sociali e la ricerca della libertà, prima di tutto del cuore e dell’anima.
Una bella fotografia e la colonna sonora horror di Dario Monicelli impreziosiscono l’ottima performance dei due attori protagonisti: Mia Wasikowska ci offre una Jane austera (al limite dell’implosione) e intelligente (seppur meno intrigante di quella della Gainsbourg), mentre Michael Fassbender riesce a dare al suo Rochester un carattere inquieto e irruento, molto coerente alla sua matrice letteraria.Nonostante la scelta di esasperare l’elemento gotico andando anche incontro a un gusto oggi sempre più trendy, il carattere molto letterario del film rischia di essere un deterrente. Perché il recente passato ha dimostrato che i “polpettoni” letterari sul grande schermo non attirano più.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
La fedeltà della ricostruzione, la prova di Mia Wasikowska e Michael Fassbender, la bellezza delle immagini, la regia raffinata

Non mi piace
La “pulizia” della trasposizione, forse un po’ eccessiva

Consigliato a chi
A chi ha amato il romanzo, a chi lo vuole scoprire o è alla ricerca una bella e tormentata storia d’amore

Voto: 4/5

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