Jersey Boys: la recensione di Mauro Lanari
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Jersey Boys: la recensione di Mauro Lanari

Jersey Boys: la recensione di Mauro Lanari

La propria citazione in un fotogramma da “Rawhide” lascerebbe supporre che Clint abbia usato lo script come metafora di se stesso per un tentativo di racconto autobiografico attraverso degl’alter-ego. I “Four Season” narrano le 4 stagioni d’una vita standard, nell’arte (pubblica) quanto nella vita (privata): gavetta, successo, fallimento, nostalgica rimembranza. La poetica del grande sogno, americano e non, con le sue illusioni e delusioni. Ma troppe cose non quadrano: quale interesse generale possono avere il quartiere d’origine nel New Jersey, l’armonie corali del doo-wop in canzoni sentimentali e sdolcinate, il falsetto del protagonista, l’atmosfera scorsesiana, il Walken mafioso buonista e un taglio di regia impavidamente fiero d’essere anacronistico, classicheggiante, tradizionale? “Da qualunque prospettiva lo si valuti, che sia un musical, una commedia, un gangster movie, un film drammatico o tutte queste cose messe insieme, rimane uno sforzo modesto”, tiepido e annacquato. 53% su RT, apprezzato invece qui da noi.

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