Jupiter - Il destino dell'universo: la recensione di Andrea Facchin
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Jupiter – Il destino dell’universo: la recensione di Andrea Facchin

Jupiter – Il destino dell’universo: la recensione di Andrea Facchin

Il riscatto post-Cloud Atlas per Andy e Lana Wachowski passa attraverso una favola sci-fi dal budget considerevole (175 milioni di dollari) che mischia la fantascienza più classica alle meraviglie visive di cui è capace il cinema di oggi. Protagonista è Jupiter Jones (Mila Kunis), una ragazza che tira avanti a stento lavorando come donna di pulizie e sognando un futuro più roseo. Attenzione, però, a ciò che si desidera, perché presto la giovane scopre di avere lo stesso codice genetico della defunta regina di una dinastia millenaria, gli Abrasax, i cui unici eredi, tre fratelli, collezionano un pianeta dopo l’altro estraendo linfa vitale dai suoi abitanti (i terrestri sono quelli con il DNA più prezioso), che poi utilizzano per garantirsi l’immortalità. Normale che Jupiter sia una seria minaccia per il loro patrimonio; fortuna che Caine (Channing Tatum), soldato provetto metà uomo e metà lupo (in gergo, un licatante), viene spedito sulla Terra per proteggerla.

La ricerca estetica dei Wachowski qui raggiunge forse i massimi livelli, grazie a scenografie visivamente maestose che, insieme ai costumi, attingono molto dal fantasy. I due registi arricchiscono l’opera con il solito immaginario tecnologico avanzato, peccato, però, che finiscano per perdersi nel loro stesso affresco digitale: la sceneggiatura non trova i guizzi giusti negli snodi fondamentali, fin troppo prevedibili, nelle scene d’azione abbondano raggi laser e rallenty che a Hollywood non sono mai mancati, e la componente romance sembra una sorta di versione futuristica – e molto più frivola – di La bella e la bestia. Senza dimenticare il ricorso a stereotipi vetusti come il “non siamo soli in questo universo” e gli alieni nei campi di granturco, a cui si aggiunge la mancanza di villain convincenti (i tre fratelli sono figure capricciose in conflitto con la madre e l’unico davvero convincente è Eddie Redmayne nei panni del vampiresco Balem, seppur evidentemente fuori parte).

Confuso è anche il sottotesto filosofico-sociale tipico dei film dei Wachowski, che tra vita eterna, scienza e religione, in Jupiter – Il destino dell’universo sembra vogliano attaccare soprattutto il capitalismo, di cui gli Abrasax si fanno metafora (sono una razza superiore che per il profitto è disposta a sterminare intere civiltà quando non ne ha più bisogno). A poco servono i retaggi di Matrix, con gli esseri umani che si ritrovano ancora coltivati in incubatrici automatizzate o impiegati per la creazione di ibridi genetici come il personaggio di Tatum. In un simile pandemonium, è difficile inquadrare la direzione che sta prendendo la carriera di due registi un tempo visionari e ora in carenza d’ispirazione. Critiche a parte, almeno in Cloud Atlas era evidente il coraggio di osare attraverso una storia complessa, che a livello narrativo, spaziale e temporale sfidava ogni regola – scritta e non – del racconto. Non si pretendeva un nuovo Matrix, ma ci si aspettava quel sapore epico che Jupiter non ha.

Leggi la trama e guarda il trailer

Mi piace:
Il look del film, visivamente superbo e immersivo nonostante l’abbondanza del digitale

Non mi piace:
La sceneggiatura non supporta l’estetica: le sorprese latitano e gli sbadigli abbondano

Consigliato a chi:
È fedele al credo dei Wachoswki e cerca una space opera che mixi romance, azione ed effetti speciali

Voto: 2/5

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