Kiki - Consegne a Domicilio: la recensione di Matelda Giachi
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Kiki – Consegne a Domicilio: la recensione di Matelda Giachi

Kiki – Consegne a Domicilio: la recensione di Matelda Giachi

Ogni volta che la mia quindicenne sorella mi sorprende beata a guardarmi un cartone, scuote sconsolata la testa, mi guarda dritta negli occhi e, col tono di chi parla ad un disperato caso clinico con scarse capacità di intendere e di volere, gentilmente mi ricorda: “Lo sai che hai 24 anni, vero?”.
Forse la mia età mentale non è andata molto oltre ai 5 anni, o forse semplicemente vedo nel cartone animato qualcosa di più di un mero prodotto per l’infanzia.
Fatto sta che trovo “Kiki consegne a domicilio”, uno delle offerte più valide a disposizione nelle nostre sale cinematografiche.

Film datato 1989 (segue “Il mio vicino Totoro”, del 1988),è approdato nei nostri cinema in questo aprile 2013, con quei giusto oltre 20 annetti di ritardo tipici dei tempi italiani.
Non importa, un’opera di Hayao Miyazaki è sempre un regalo, in qualunque momento arrivi.

Kiki è una piccola strega di 13 anni, età alla quale la tradizione vuole inizi il suo apprendistato. Esso però non consiste in una scuola di magia alla J.K: Rowling.
A 13 anni Kiki, a cavallo di una scopa e con la sola compagnia del suo gatto nero Jiji, deve lasciare la propria casa e trovare una città in cui trasferirsi, farsi accettare e imparare a cavarsela da sola.
La storia che Miyazaki ci racconta è quella di una ragazzina alle prese con l’avventura della crescita.
Compito di Kiki è quello di diventare indipendente. Dovrà imparare a far fronte ad una realtà che spesso si rivela grigia e deludente, senza permettere che essa vada a oscurare le sue speranze e sbiadire i colori dei suoi sogni.
Conoscerà un mondo abitato da persone più “ostili” e chiuse e altre più disponibili, tra cui alcuni personaggi secondari meravigliosamente caratterizzati, nonostante i pochi minuti di presenza scenica.
La magia non è quindi protagonista ma strumento. Il regista se ne serve per rendere interessante e speciale qualcosa di normale e difficile.

Oggi siamo abituati a prodotti d’animazione frutto di una straordinaria opera di grafica computerizzata, di grandissimo impatto visivo, alcuni dei quali degli assoluti capolavori.
Eppure la semplicità e la dolcezza delle pellicole di Miyazaki sono un valore necessario da riscoprire tanto per i bambini quanto per gli adulti.
Nel disegno risiedono una delicatezza e una serenità che il computer non è in grado di riprodurre.

Un difetto? La voce italiana di Kiki risulta a tratti un po’ odiosa, perché intrappolata nello stereotipo della voce a bambinetta cantilenante.

Forse non il mio preferito tra i suoi film, ma comunque sempre splendido.

Voto 4/5.

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