Kiki - Consegne a domicilio: la recensione di Silvia Urban
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Kiki – Consegne a domicilio: la recensione di Silvia Urban

Kiki – Consegne a domicilio: la recensione di Silvia Urban

Un vero maestro dell’animazione si riconosce dalla sua capacità di cogliere anche gli aspetti più complessi della realtà con la delicatezza del tratto della sua matita. E in questo Hayao Miyazaki non ha eguali.
Conferma ne è questo (ennesimo) suo capolavoro che l’Italia (ri)scopre a distanza di 24 anni (in Giappone uscì nel 1989), storia di una giovane strega che al compimento dei 13 anni parte per il proprio anno di apprendistato: così vuole la tradizione. Kiki si ritrova sola – seppur in compagnia del gatto Jiji – ad affrontare una realtà a lei estranea, dove costruire delle relazioni e trovare il proprio posto si rivela un’impresa tutt’altro che semplice.

Miyazaki si allontana dalle atmosfere bucoliche che caratterizzano i suoi film e gira in città (questa volta non incantata) senza rinunciare, anzi per ribadire temi a lui cari, come l’ideale rappresentato dalla campagna in netta contrapposizione con la metropoli, caotica e poco accogliente, e il volo, unico elemento che riconduce la protagonista alla sua natura di strega. Nonostante la presenza dell’elemento magico, la messinscena è realistica e mai sconfina nel fantastico; quella che ci viene presentata è una creatura speciale ma non invincibile. Banditi incantesimi e superpoteri, vediamo Kiki ammalarsi dopo una consegna sotto la pioggia, perdere la fiducia in se stessa e nella propria capacità di dominare la scopa, allontanarsi dal proprio gatto (e migliore amico) a tal punto da non riuscire più a capirlo, incapace di sopportare la solitudine, in difficoltà nel gestire la relazione con l’amico Tombo e il giudizio dei coetanei.

Coloro che – come chi scrive – hanno già sperimentato il distacco dalla famiglia e quella fase della vita dove l’imperativo è cavarsela da soli, rimarranno spiazzati: non è scontato né semplice trovare in altri prodotti cinematografici una descrizione così acuta e sincera del passaggio all’età adulta. E il fatto che sia un cartoon a raccontare quanto sia destabilizzante misurarsi con il mondo del lavoro e l’importanza di sapersi (re)inventare desta ancor più sorpresa. Al contempo conferma l’attualità di un film che, in perfetto stile Miyazaki, apre alla speranza, affiancando alla protagonista una schiera di personaggi positivi, dall’affabile panettiera che la ospita in casa alla signora anziana che le commissiona una consegna per la nipote, fino a Ursula, giovane pittrice a cui Kiki si ispira e che, non a caso, vive nel bosco.

Del resto è questa la cifra di un cinema che da sempre rifiuta gli effetti speciali e le tecnologie di ultima generazione: a emozionare, anche questa volta, sono la semplicità e la verità della storia. E il sorriso di Kiki, arma vincente contro ogni ostacolo o chiusura, al cinema come nella vita.

Leggi la trama e guarda il trailer del film

Mi piace
La semplicità e la verità con cui viene descritta una fase complessa della vita. La positività dei personaggi e dei messaggi.

Non mi piace
È un peccato che un film così bello arrivi sui nostri schermi solo ora. Ma, come si dice, meglio tardi che mai…

Consigliato a chi
Ai cultori del cinema di Miyazaki e agli adulti che solitamente considerano i film d’animazione solo prodotti per i più piccoli.

Voto
5/5

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