Premessa generale: la vostra sospensione dell’incredulità dovrà essere molto mirata e convinta per sopportare un film del genere!
Detto questo, se non darete troppo peso ai molti elementi dissonanti che accompagnano l’ascesa di questo nuovo Re Artù ex-bulletto di strada, è probabile che riusciate a divertirvi!
La trama del ciclo arturiano è talmente nota da apparire esausta, sul grande schermo abbiamo avuto trasposizioni eccellenti come “Excalibur” del 1981, sognanti come “La Spada nella Roccia” di Walt Disney, esilaranti come “Monty Python e il Sacro Graal” oppure piatte ed inconsistenti come “Il Primo Cavaliere”, seppur con Sean Connery nei panni del mitico monarca, e l’ultimo “King Arthur” in ordine di tempo con Clive Owen e Keira Knightley, del 2004.
L’ambizione della Warner Bros e del produttore Lionel Wigram è dunque quella di rilanciare il mito arturiano attraverso l’azione sfrenata e il fantasy in bilico tra gli omaggi a “Il Signore degli Anelli” e il televisivo “Trono di Spade”.
Il viaggio dell’eroe attraverso un percorso di formazione, di scoperta del proprio lignaggio e accettazione delle responsabilità da esso derivanti è quanto di più classico si possa proporre, ma la produzione ha scelto di raccontare tutto questo affidandosi allo stile ipercinetico e fracassone del regista Guy Ritchie.
Dopo la rilettura di “Sherlock Holmes” in chiave action in ben due film decisamente riusciti, Ritchie sceglie di rivedere un’altra delle massime icone del Regno Unito, trasformando Artù in un deliquentello strafottente e tamarro che, dopo esser stato cresciuto dalle prostitute nelle strade di un’inedita Londinium, estraendo la spada dalla roccia scopre di essere il legittimo erede al trono d’Inghilterra e si allea con una banda di maghi per sconfiggere il sanguinario usurpatore Vortigern.
L’impatto della scena iniziale di questo film sullo spettatore è, devo ammetterlo, poco conciliante: una battaglia fantasy tra sterminati eserciti in CGI, con elefanti alti un centinaio di metri (sic.) che sbriciolano i ponti e le mura di una roccaforte, che in seguito scopriremo essere Camelot, anche se nessuno mai la nominerà direttamente.
Dimenticavo di dirvi che i cattivi sono maghi, ma non facciamo in tempo a registrare quest’informazione che all’improvviso re Uther Pendragon, un comunque dignitoso Eric Bana, sconfigge da solo l’intera orda di nemici brandendo una spada che emana una luce azzurra.
Il tutto è accompagnato da un ritmo assordante di tamburi battenti.
Forse un po’ troppo aggressiva come accoglienza, ma si sa che i modi nell’universo di Guy Ritchie tendono a non essere mai troppo raffinati (al confronto di questo, però, il suo ultimo “Operazione U.N.C.L.E.” sembra tratto da Jane Austen!).
I marchi di fabbrica che amiamo di questo inconfondibile regista ci sono tutti: dalle furbesche scene in cui un personaggio racconta con linguaggio colorito cosa gli è successo, e si passa di botto ad un flashback condito da molto humour, ai combattimenti corpo a corpo velocizzati o rallentati a seconda dell’esigenza che hanno fatto la sua fortuna fin dai primi passi cinematografici.
Ma qui siamo lontanissimi dallo spasso provato a guardare film freschi come “Lock&Stock” e “Snatch”, leggeri e ben ritmati, ciò che resta è soltanto un ritmo fin troppo pompato e frenetico, appesantito da una produzione invadente che ha imposto bestie giganti ed effetti speciali digitali bulimici come leva per attirare un vasto pubblico.
Ma le esagerazioni dopo un po’ stancano e anche le prodezze computerizzate sembrano appartenere più ad un videogioco di lotta di qualche anno fa piuttosto che ad un film su celeberrimi cavalieri medievali, tanto per rendere l’idea la spada Excalibur si accende di una luce azzurrina e più di un duello sfocia in un vortice di energia.
I troppi stravolgimenti al mito conosciuto, personaggi che sarebbero dovuti venire dopo anticipati a prima della nascita dell’eroe, oppure non presenti o cambiati di ruolo, creano una confusione che la velocità delle peripezie non aiuta a dissipare.
Eppure questo nuovo “King Arthur” ha anche i suoi momenti riusciti, e quando arrivano sullo schermo sorprendono lo spettatore con scene molto suggestive, come la sequenza della Dama del Lago, che senza bisogno di parole ricorda al protagonista la responsabilità di guidare la rivolta contro il tiranno o, prima ancora, il cammino notturno e solitario del protagonista attraverso la foresta verso la torre diroccata degli stregoni, disseminato di pericoli e interventi magici.
Insomma, il film raggiunge i livelli più alti quando confeziona immagini favolose che ricordano “Excalibur” di John Boorman, anche se l’obiettivo del Re Artù versione 2017 è quello di discostarsi il più possibile da quel genere di “raffinatezze”.
Il cast, come al solito, è molto ben curato e riesce a replicare ancora una volta le caratteristiche delle allegre bande di piccoli criminali che popolano i film di Ritchie, con la scusa di tratteggiare una società multirazziale ante litteram e successiva alla dominazione romana, con tanto di guerrieri dai tratti asiatici che praticano le arti marziali: di certo la Britannia nei primi secoli dopo Cristo non era mai stata rappresentata così!
Il protagonista Charlie Hunnam, negli ambiti panni del giovane re leggendario, ci è piaciuto senza riserve perché ha la faccia e la sfacciataggine giuste per il ruolo. Reduce da tante stagioni di “Sons of Anarchy, il trentasettenne attore originario di Newcastle non sembra proprio essersi fatto intimidire dalla sfida fisica che il film ha richiesto, anzi pare si sia allenato duramente soltanto per impressionare il regista, così da ottenere la parte.
A contrastare la sua grinta non poteva che esserci un antagonista di prima scelta come Jude Law, a pochi mesi dalla definitiva consacrazione internazionale con la serie “The Young Pope”, che qui interpreta lo spietato re Vortigern con altrettanta altezzosa cerimoniosità.
Nonostante le buone scelte di casting, però, anche le prove degli attori sembrano perdersi in mezzo alla baraonda di zuffe ed effetti visivi, tanto che poi, se dobbiamo confrontare questo film con altre produzioni recenti, ci sembra meno riuscito persino di “Warcraft – L’Inizio” che pure era stato fiacco al botteghino lo scorso anno.
Forse, per risultare vincente, la produzione avrebbe dovuto spingersi dalle parti di un “Mad Max Fury Road” in salsa medievale, con altrettanta inarrestabile efferatezza e ritmo.
Alla luce degli scarsi guadagni iniziali sembra improbabile che riescano a completare un ciclo di sei film, come inizialmente previsto, anche perché Guy Ritchie non è mai una garanzia di continuità quando si prevedono sequel: nella propria carriera ha già dovuto rinunciare a realizzare i seguiti di “Rock’n’Rolla” e di “U.N.C.L.E.”, l’unica eccezione felice è stato “Sherlock Holmes: Gioco di Ombre”, qualitativamente superiore al primo capitolo.
Di un terzo capitolo delle avventure del detective di Baker Street con Robert Downey Jr e Jude Law se ne parla più o meno insistentemente da tempo, ma al momento sappiamo per certo che Guy Ritchie si è ufficialmente imbarcato nel rifacimento live action di “Aladdin”, uno dei classici Disney più amati degli anni ’90: dobbiamo iniziare a tremare o il ritorno ai temi della commedia con simpatici delinquentelli protagonisti è proprio ciò che ci aspettiamo sappia fare meglio?!
Lo aspettiamo al varco, sperando di non vedere mai il genio della lampada spaccare una bottiglia in testa a Jafar!
CI E’ PIACIUTO: il fatto che sia un film d’avventura di certo non banale, scontato o già visto, sa come catturare l’attenzione dello spettatore senza che questi possa minimamente distrarsi.
NON CI E’ PIACIUTO: il fatto di contaminare il ciclo di Re Artù e i cavalieri della tavola rotonda con lo stile non proprio elegante di David Beckham, che fa un cameo nel film. Il compromesso tra la tecnica autoriale del regista e le imposizioni della produzione danno vita ad un risultato troppo frenetico e caotico, che non da il tempo per apprezzare un dialogo sagace o la manciata di elementi ben riusciti.
SE VI E’ PIACIUTO: ripassate la spassosa cinematografia di Guy Ritchie e dei suoi scanzonati colleghi inglesi dello scorso decennio, al termine della visione nessuno si permetterà più di fare il gradasso con voi!
UNA CURIOSITA’: L’attrice Katie McGrath, che qui vediamo brevemente nei panni di Elsa, è conosciuta al pubblico televisivo per aver interpretato il personaggio di Morgana nella serie “Merlin”.
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