Com’in “Silence” di Scorsese, Andrew Garfield è di nuov’in Giappone col suo Credo nel Nazareno, stavolta nel ruolo di Desmond Doss, “a conti fatt’il prim’obiettore di coscienza nella storia dell’esercito americano”: molto bene. “Doss ha sempre dichiarat’apertamente la propria fede e non s’è mai pres’alcun merito circa la propria impresa; quest’ultimo va riconosciuto a Dio”: bene, purché tale fede sortisca effetti pratici positivi. Mel Gibson lo ritrae mentre cura sia i commilitoni ch’i nemici nipponici: ottimo. “Ciò gli vals’il massimo riconoscimento militare per avere tratt’in salvo ben 75 vittime proprio ad Hacksaw Ridge”: “tratt’in salvo”? Nessuno ricorda più la differenza tra salvare, curare, sopravvivere? Forse bisognerebbe chiederl’al padre di Doss, che mostra d’essere l’unico ad averlo capito. Hacksaw Ridge sarebbe stata conquistata grazie alle preghiere del protagonista prima del vittorios’assalto finale: “Dove sta il regista de ‘La Passione di Cristo’ e ‘Apocalypto’ in tutto ciò?” Domanda delirante, in quanto col suo Cristianesimo fondamentalista ha girat’un biopic che parte com’un inno alla non-violenza e si conclude col costantiniano “in hoc signo vinces”, il biblico “Dio degl’eserciti” (“Dominus Deus sabaoth”). Er bigottone ci ha provato per metà film, poi ha gettato via la maschera e s’è sbracato.
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