Live action si, live action no, remake si, remake no, bisogna ammettere che La bella e la Bestia è probabilmente il migliore adattamento di questa epoca 2.0 della Disney. A fronte di un budget a dir poco esorbitante, la forza di questo successo nasce dal colpo d’occhio di scenografie eccezionali e atmosfere magiche, passando per grandi coreografie ed effetti speciali da stropicciarsi gli occhi. Eppure quando cala il sipario la sensazione è di pieno smarrimento. Come è possibile che “qualche” disegno di ventisei anni fa sia riuscito a emozionarci più di una trasposizione con attori in carne ed ossa? Magia di un cinema perduto o mancanza di coraggio?
Si deve partire da questo concetto per interpretare la Bella e la Bestia di Bill Condon. Se non ci troviamo di fronte ad un remake shot-for-shot, poco ci manca. Si potrebbe stare giorni e giorni a discutere su questo punto ma la storia de la Bella e la Bestia è questa, e non avrebbe alcun senso, probabilmente, rimescolarne le carte. Per cui trovarsi di fronte ad una possibile copia vecchia più di vent’anni è un rischio calcolato, e sarà questo a farne, o no, la fortuna. Quello che non piace è una via di mezzo senza identità, come per esempio una sceneggiatura gonfiata da un paio di sequenze aggiuntive tanto profonde quanto superficiali, che sposta la durata della trama da un’ora e mezza ad oltre due ore. Conoscere il passato di Belle, la prematura scomparsa della madre, oppure peripezie su cosa la Bestia fosse prima del sortilegio, non porta valori aggiunti alla storia e sono scene che restano fini a se stesse. E poi c’è il capitolo canzoni, completamente storpiate dalla loro storica natura per la famosa questione di sincronia con il labiale dei personaggi. Ma attenzione! Non per questo devono essere giudicate in negativo. Anzi. E’ proprio la traccia di lamento della Bestia quando Belle lo abbandona ad essere una delle novità meglio riuscite. Ma se siete pronti a cantare fin dalle prime strofe resterete delusi, almeno quel tempo che basta per apprezzarne le nuove.
Il ritmo alto, poi, rende più difficile giudicare il risultato finale. L’eccessiva prudenza evidenzia l’uso di un freno a mano tirato e ancora una volta si avverte poco pathos nei momenti più intensi, fomentato soprattutto da una quasi totale mancanza di empatia nei personaggi. Il volto pulito di Emma Watson sarà anche perfetto sul personaggio di Belle ma l’alternarsi di tre o quattro espressioni in tutta la storia non la renderà certo una figura indimenticabile. Stesso discorso per una Bestia davvero poco spaventosa seppure con un lato umano successivamente ben marcato. Davvero bravo invece Luke Evans nei panni dell’arrogante Gaston, mentre se dovessimo fare affidamento a questo film per quanto riguarda la cultura de La Bella e La Bestia, di Lumiere e Tockins avremmo soltanto un ricordino sbiadito nel tempo, troppo soffocati dalla mole di attenzione prestata agli altri personaggi. E la questione Le Tont con il suo “rumore” attorno, resta una mancata vera presa di posizione della Disney che non si apre, nè si oppone a figure contorte. Figuriamoci poi se i bambini riescano a leggere tra le righe.
Per chi come me ha un caro, forse morboso, ricordo infantile legato al capolavoro di Trousdale e Wise, questo adattamento lascia più perplessi che altro. Ma lasciandosi alle spalle il passato, La Bella e La Bestia di Condon ha ancora quella voglia di provare a mescolare sogni e magia. Canzoni, favola e amore si amalgamano in un modo più o meno armonico, badando a confezionare un’ atmosfera ben più moderna, in un risultato più occhio che anima. Forse è un giudizio molto ottimista, o forse siamo solamente noi ad essere cresciuti un pò troppo.
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