Castelli stregati; rose incantate; candelabri e orologi parlanti. Eppure “La Bella e la Bestia” è la più vera di tutte le storie: quella di due persone che si salvano a vicenda.
Che quella santa donna di Belle spezzi l’incantesimo, restituendo alla Bestia la sua umanità, in tutti i sensi, è cosa nota. Ma è pur altrettanto vero che è anche lei ad essere salvata: da se stessa e da una vita ben al di sotto delle proprie aspettative e possibilità. E’ questo l’amore. Un dare reciproco.
La pellicola vanta un cast eccezionale. Non se ne vedeva uno così totalmente e perfettamente azzeccato dai tempi de “Il Signore degli Anelli”.
Emma Watson, sempre più bella e brava, vince la sfida, è Belle, non ci sono dubbi. Una Belle ancora più testarda e coraggiosa dell’originale. E ciò ci piace.
Dan Stevens semina il panico sotto mostruose sembianze, ma lascia intravedere il cuore della Bestia attraverso i suoi occhi di ghiaccio. Come donna, due minuti in più di riprese in sembianze meno pelose li avrei apprezzati. Quelli in vestitino azzurro principe non li conto. Ma prendiamo esempio dalla protagonista e non siamo superficiali.
Il Gaston di Luke Evans è niente di meno che perfetto e vince il premio di meglio caratterizzato. Non è esattamente il primato su cui molti (ok molte) si siano soffermati, ma non siamo qui per discutere gli indubbi meriti di madre natura.
Josh Gad fa del suo Le Tont il primo personaggio gay della storia della Disney (non è uno spoiler, non si parla d’altro da mesi, suvvia) e ci riesce senza alterare alcun equilibrio ma creandone anzi uno nuovo.
Col supporto di Emma Tompson (Mrs Bric), Ewan McGregor (Lumiere), Ian McEllen (Tockins) e tutti gli altri grandi attori coinvolti (Stanley Tucci, I love you!), sono loro a fare il film e a renderlo indimenticabile.
Non del tutto soddisfacente è invece la regia. A tratti tremendamente kitsch, non sempre dà la sensazione di aver compreso a fondo la magia e la profondità della storia. Una fiaba tanto amata, ritengo meritasse una direzione più valida di quella del regista di Twilight.
Quello che invece convince, sono le aggiunte alla sceneggiatura, introdotte per necessità di adattamento ai tempi cinematografici. Si è deciso di esplorare il passato dei due protagonisti, lo si fa con cognizione di causa, si comprende cosa li abbia portati ad essere quello che sono al momento del loro incontro e questo è interessante e ben pensato.
Per quanto riguarda le musiche, si riprendono quelle del cartone del 1991, variando le parole del testo quel tanto che basta a non eseguire un mero copia incolla. Fa eccezione “E’ una storia sai”, la cui sacralità viene rispettosamente lasciata intatta. E si aggiungono infine nuovi pezzi per Belle e per la Bestia, per par condicio e perché, in fondo, si tratta di un nuovo lavoro.
Un film non perfetto come forse lo vorremmo ma comunque bellissimo, da vedere due volte. La prima in italiano per rilassarsi e godersi la magia. La seconda in lingua originale. non solo perché ci sono grandi attori che si sono cimentati anche nel canto, ma anche perché, mi costa dirlo, il doppiaggio è un fallimento.
Al di là del disastro Vittoria Puccini che, nonostante la relativa semplicità del ruolo di voce narrante, che, quanto meno, la esime dall’avere un volto con cui vivere e respirare all’unisono, non azzecca quasi mai un’intonazione, tutto sa di fatto di fretta e con poca cura.
Non esiste che, nel paese in cui il doppiaggio è un’arte e un’eccellenza, anche i più disattenti si accorgano che voce e labiale procedono ognuno sul proprio binario separato. Non esiste che il doppiaggio del cartone risulti più naturale di quello del film, che rischia in certi punti di ridurre i protagonisti a una sorta di macchietta.
Ma ci sono film impossibili da non amare nonostante qualche difetto, quindi andate al cinema e… State con noi!