Amante della lettura, corteggiata dal bello, narcisista e meschino Gaston, l’uomo più popolare del paese, la giovane Belle sogna una vita diversa ed è molto legata al babbo. Quando il padre è rapito e tenuto prigioniero nel castello di una misteriosa bestia dalle sembianze umane, nulla a che vedere con la Bestia del film d’animazione, ahimè, Belle si offre in cambio del genitore: con l’aiuto degli abitanti fatati del cupo castello, Belle comincerà a capire che la Bestia, in realtà un Principe vanesio punito da una maga, nasconde un animo gentile. Solo se lei ricambierà il suo affetto, l’incantesimo si spezzerà e la Bestia tornerà uomo. La Bella e la Bestia nel suo insieme è uno spettacolo che il team tecnico e artistico capitanato dal regista Bill Condon non ha preso sotto gamba, come dimostrano l’allestimento delle scenografie, gli arrangiamenti, le coreografie e le performance: ha il pregio d’essere un musical che non riflette sul genere come il recente La La Land , ma si presenta orgoglioso del impianto ereditato dalla vecchia Hollywood .
La storia, liberamente ispirata alla fiaba di Madame Le Prince de Beaumont del 1740 , rimane un’ intelligente narrazione morale di buon auspicio per la crescita dei più piccoli, e un’ottima riflessione per gli adulti che ne abbiano dimenticato i temi: diritto di autodeterminazione al di là dei ruoli imposti dalla società (il ruolo preconfezionato della donna, il ruolo preconfezionato del “brutto”), bellezza interiore (idea su cui va di moda ironizzare, ma non per questo è un concetto invecchiato), importanza dell’istruzione. La presenza di Emma Watson come protagonista non è casuale, anche se è poca espressiva in diverse sequenze , dato che l’attrice, da sempre impegnata per l’abbattimento dei pregiudizi, ha scelto personalmente questo progetto, preferendolo al Cenerentola che le era stato prima proposto: l’ammiriamo per la coerenza, e il resto del cast se la cava egregiamente, con Dan Stevens come Bestia, Luke Evans come Gaston, ma anche Josh Gad (LeTont), Kevin Kline (il papà di Belle), e le voci di Ewan McGregor, Ian McKellen, Emma Thompson in qualità di Lumiere, Tockins e Mrs. Bric.
Tutto a posto, quindi? No assolutamente dal momento che abbiamo omesso che il lungometraggio è il remake di La bella e la bestia del 1991, diretto da Gary Trousdale & Kirk Wise, uno dei simboli del Rinascimento Disney dei Novanta, nonché il primo lungo d’animazione a espugnare l’Academy con una nomination come miglior film. Un’opera dunque di assoluto valore storico, che la Disney decide qui di riproporre in maniera simile , incluso il “libretto” di Howard Ashman su musiche di Alan Menken. Escludendo espansioni narrative ( la morte della madre di Belle assente e mai nominata nel cartoon ) e musicali, con i testi delle canzoni aggiuntive a cura di Tim Rice, l’80%-90% di ciò che si vede sullo schermo ripercorre scene, dialoghi, dinamiche e persino in molti casi inquadrature del lungometraggio originale. Tutte le aggiunte e le modifiche non influiscono sulla trasmissione dei valori citati, non essendo moleste però nemmeno necessarie. Sforzandosi di trovare una giustificazione nobile a un’operazione di questo tipo, si potrebbe ipotizzare che qui un testo classico sia rimesso in scena , come accadrebbe a un’opera lirica. Un film tuttavia ha il pregio e la magia di imprimere in eterno la sua prima esecuzione su un supporto, e quest’idea di immortalità era uno dei cardini sui quali Walt Disney stesso costruì il mito dei lungometraggi animati del canone Disney. L’estrema somiglianza del “nuovo” La bella e la bestia col “vecchio” non può né vuole avere la valenza provocatoria e intellettuale di uno Psycho di Gus Van Sant: reclama invece di essere accolta con entusiasmo e nonchalance come un cosplay celebrativo, nella migliore delle ipotesi, o come un aggiornamento , (ma c’era davvero il bisogno ? ), del film precedente, nella peggiore e più difficile da mandar giù. Anche la novità del live action che sostituirebbe l’animazione traballa, quando la Bestia è in performance capture e la mitica “Stia con noi” è, di fatto, una scena animata in CGI.
L’interferenza costante col prototipo è molto più disturbante che in altri casi, lontana dal riuscito Libro della Giungla dell’anno scorso (diverso nel midollo, non solo nella superficie). Il problema di fondo di La Bella e la Bestia è che, prima ancora di chiedere un giudizio, richiede a chi amava il film originale e si ponga domande su altri annunciati remake, un vero e proprio training autogeno d’accettazione prima di essere visto. Se questo vi appare un’esagerazione, La bella e la bestia vi terrà allora compagnia per due ore senza problemi, mentre qui vi s’invidierà sinceramente per la vostra serenità.
Salvatore Cuccia
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